Kabul un anno dopo il ritorno dei talebani

È passato esattamente un anno da quando i talebani hanno ripreso il potere in Afghanistan e Clarissa Ward – corrispondente estera della CNN – ne documenta sul suo profilo Instagram (@clarissawardcnn).

L’Afghanistan è tornato al centro dell’attenzione e dei media occidentali, esattamente ad un anno dopo (15 agosto 2021) la riconquista dei talebani che ha portato ad una arretratezza del popolo afghano di decenni di lotte e conquiste di diritti e libertà. Si ritorna al regime ispirato al fondamentalismo religioso, il fallimento degli americani! 

Le promesse di mantenere i diritti civili, in particolare quelli delle donne, di avere un governo non più autoritario ma inclusivo, e di avere e mantenere rapporti internazionali con i paesi dell’Unione europea e non, sono svanite. 

L’Afghanistan è diventata la nazione con il più alto tasso di terrorismo al giorno: il 13 agosto 2022, ad esempio, c’è stata una sparatoria in aria per disperdere circa quaranta donne radunate davanti al ministero dell’istruzione per riavere i propri diritti non solo istruttori, ma anche del lavoro e di libertà. Alcune donne sono riuscite a fuggire trovando rifugio in negli vicini, altre sono state raggiunte dai talebani che le hanno colpite con i fucili.

Un tuffo al passato che sembra portare la popolazione afghana ad annegare: per le donne, secondo il leader supremo talebano Hibatullah Akhundzada, ritorna il decreto che impone loro di indossare il velo (l’hijab) in pubblico. Sarebbe opportuno se non uscissero di casa se non strettamente necessario, per evitare sguardi indiscreti. Dove? A scuola? No, perché le ragazze non possono andare alle superiori, non possono lavorare (se non in ambiti consentiti); non possono viaggiare da sole ma devono essere accompagnate se devono percorrere più di 70km. Nemmeno l’aereo possono prendere.

Donne usate e considerate come oggetti. 

Non solo le donne…

Nel mirino della restaurazione talebana non ci sono solo le donne ma anche giornalisti, oppositori e attivisti che sono perseguitati dal temibile Istikhbarat, il direttorati dell’intelligence. Egli è accusato dall’Onu del trattamento disumano di prigionieri in sua custodia, di aver collezionato almeno 178 arresti arbitrari e 56 denunce per tortura. Per non parlare di altri scomparsi nel nulla. 

Insomma, il disegno attuale non è dei più colorati, o comunque colorato di rosso sangue e di nero delle tenebre. Un quadro che risulta maggiormente devastante anche per la crisi economica, di cui i talebani reputano responsabili gli USA. La moneta locale è ai minimi storici mentre il prezzo del cibo sale alle stelle. È in corso la più grande catastrofe umanitaria della storia: si patisce la fame e chi ne paga il caro prezzo sono soprattutto i bambini, sorpresi a frugare tra i cassonetti dell’ immondizia nei servizi di Clarissa. 

Afghanistan non più un interesse occidentale

Dunque, gli studenti del Corano sono ritornati ad essere i padroni di una Kabul civilizzata, non più di interesse nazionale americano come affermato da Donald Trump. 

Sono stati spesi migliaia di miliardi è perso 3600 soldati tra americani ed alleati, tra cui 53 italiani. Tralasciando chi ha torto o ragione, è una conseguenza da tenere bene a mente per poter decidere effettivamente da che parte stare.

Ricordiamo che la decisione di Trump e la conseguenza di oggi sono state frutto di una presa di coscienza a lungo termine: Barack Obama ha promesso il ritiro, Donald Trump ha firmato gli accordi di Doha e Joe Biden li ha rispettati. Se gli USA e gli alleati si impegnano a migliorare il resto del mondo, gli altri attori cosa fanno? Restano a guardare?

Restare indifferenti alla fame, alle discriminazioni, alle guerre senza fine e senza motivi non è una posizione da prendere all’infinito. Per questa scelta, ci saranno altrettanto generazioni di afghani che cresceranno sotto l’influenza oscurantista dell’Islam talebano figurando noi occidentali come ipocriti e fautori di falsi miti di libertà e sviluppo. 

Stessa cosa per l’attuale guerra in Ucraina, da considerare come un’altra ondata di odio e di rivalsa tra stati che perdono tempo e civili nel cambiare alleanze.

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