La forbice dei governi: come i tagli hanno distrutto il sistema sanitario

La forbice dei governi, lo strumento di cesura più temuto e dannoso per lo Stato, in grado di condizionare negativamente il futuro di una nazione in uno specifico campo. In Italia, il sistema sanitario ha sofferto molto nel corso degli anni, tanto per problemi territoriali, quanto per colpe governative. Tempo fa nessuno avrebbe potuto prevedere una pandemia, così la sanità è stata la madre dalla quale attingere ogni qual volta ci fosse bisogno di denaro; a lungo andare, il complesso sanitario nazionale si è deteriorato e oggigiorno, con l’avvento del coronavirus, è in tilt. Le radici del problema sono profonde, emerse quarant’anni or sono. 

Infatti, secondo il “Rapporto Sanità 2018 – 40 anni del Servizio Sanitario Nazionale” del Centro Studi Nebo, i numeri sono in decrescita da tempo: nel 1981 si contavano 530.000 posti letto, nel 1992 il numero è sceso a 365.000, nel 2010 è arrivato a 245.000 e nel 2017 (ultimo anno considerato) la cifra è crollata a 191.000

In rapporto al numero di abitanti, nel 1998 ogni mille persone c’erano 5.8 posti letto, nel 2007 ancora meno, cioè 4.3, e infine nel 2017 il dato è sceso fino al 3.6.

Per quanto concerne l’ultimo decennio, ossia quello più colpito dai tagli, dal 2010 al 2020 al sistema sanitario sono stati sottratti 37 miliardi, mentre è aumentata la spesa verso la sanità privata, che tuttavia necessita di più alte remunerazioni che non sono alla portata di tutti. E il settore privato, di fronte alle emergenze, non risponde così come quello pubblico. 

Mario Monti, sotto l’onda della spending review, adoperò l’accetta e impose un taglio orizzontale del 5% delle uscite per le ASL e gli ospedali (legge n. 65 del 2012), inconsapevole che l’Italia non gode di un sistema sanitario unitario e omogeneo. La conseguenza fu il taglio di 7.389 posti letto ospedalieri, per lo più in Emilia-Romagna, Lazio e Lombardia. Scese anche il tasso di ospedalizzazione, ovvero il numero di ricoveri medio annuale per 100.000 abitanti, da 180 a 160

Nel 2018, l’Italia ha speso l’8.8% del PIL per la sanità, contro il 14.3% degli USA, il 9.5% della Germania e il 7.5% del Regno Unito. 

Perciò, con l’improvvisa esplosione del contagio da Covid-19, il Paese non ha tenuto il colpo ed è andato in default. La prima ondata è stata contenuta, a partire da marzo, grazie al lockdown generale, una misura drastica che a oggi potrebbe far tornare quiescente il virus, ma distruggerebbe l’economia. Il trimestre estivo, nel quale la curva Rt era nettamente bassa, non è stato sfruttato dal governo, giacché oggi, in autunno, la situazione è sfuggita di mano ancora.

E si rivedono le scene di un film che nessuno avrebbe voluto più guardare: le strade deserte delle città in cui è stato predisposto “coprifuoco” notturno. Mancano ospedali? Nella capitale il San Giacomo, centralissimo, è chiuso dal 2008, il Forlanini dal 2015, l’ospedale Felettino a La Spezia è finito nel vortice della cronaca per i 22 milioni spesi, nonostante ancora non sia stato ricostruito. 

Ecco, dunque, che le strutture, così come le sovrastrutture, cioè nuovo personale e sistemi più efficienti delle code chilometriche ai drive in, possono essere implementate. Basta volerlo e avere una visione politica e strategica a lungo termine. Occorre avere in mano ago e filo, per ricucire, e non una forbice, per tagliare. 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here