Lanterna geopolitica: per capire la sospensione tedesca di Nord Stream 2 bisogna guardare all’Europa centro-orientale

La Bundesnetzagentur, agenzia federale tedesca che si occupa di energia e trasporti, ha sospeso il processo di certificazione del gasdotto Nord Stream 2, che collega direttamente Russia e Germania saltando i Paesi dell’Europa centro-orientale.

Ragione formale della sospensione: la società che detiene il gasdotto, cioè Nord Stream 2 AG, ha sede in Svizzera, paese che non fa parte dell’Unione Europea.

L’agenzia stessa ovviamente non poteva non essere a conoscenza di questo elemento giuridico già da tempo, quindi perché appigliarsi a esso proprio ora? Le ragioni vanno ricercate altrove, al confine tra Polonia e Bielorussia.

Nelle ultime settimane abbiamo assistito a migliaia di migranti che hanno raggiunto il confine tra Bielorussia e Polonia, cercando dunque di entrare all’interno del territorio europeo. Cosa rappresenta la Bielorussia dal punto di vista geopolitico? Minsk è essenzialmente un cuscinetto, necessario a Mosca per allontanare la prima linea di difesa e proteggere il nucleo geopolitico del Paese. Dunque, alla Russia l’attuale situazione serve tatticamente a sigillare definitivamente il confine polacco-bielorusso, tracciando una linea rossa e neutralizzando qualsiasi minima possibilità di avvicinamento di Minsk al blocco occidentale filo-americano, in particolare alla Polonia, ma anche all’Unione Europea (alias Berlino).

La Germania si trova infatti divisa tra un allargamento a Est, funzionale all’esigenza di estendere la propria sfera di influenza geo-economica su quest’area di tradizionale pertinenza Russa, e una forte interdipendenza energetica con Mosca, confermata dal raddoppio del gasdotto Nord Stream costruito nel 2012.

Il tentativo tedesco di fare pressioni sulla Russia di Vladimir Putin mediante il dossier energetico rimane però poco credibile, perché qui si scontrano interessi di valore geopolitico molto differente. Il mantenimento della Bielorussia nell’orbita russa è interesse di livello strategico, praticamente equivalente alla sopravvivenza per Mosca; mentre per la Germania la partita bielorusso-polacca non tira in ballo questione così cogenti. Inoltre, il raddoppio del gasdotto è stato già completato e risponde agli interessi tattici di entrambi gli attori: è solo una questione di tempo prima che divenga operativo.

Europa occidentale e Europa orientale non vivono solo spazi, ma anche tempi storici differenti. Quella cesura, le cui radici vengono da molto lontano e non devono essere ascritte solo alla Guerra Fredda, si sta rinnovando. I movimenti tettonici dell’area non possono lasciare indifferenti i principali soggetti geopolitici della regione, in primis Germania e Russia. Ma non dimentichiamoci della Polonia, paese che esce sconfitto dalla questione di confine con la Bielorussia, ma con una coscienza di sé molto marcata e le spalle coperte dagli americani, che la considerano il perno del contenimento anti-russo. Non a caso, l’ex Ministro degli Esteri polacco Szymon Szynkowski vel Sęk ha chiamato Nord-Stream 2 il gasdotto Molotov-Ribbentrop, echeggiando il patto nazi-sovietico per dividersi l’Europa centro-orientale. Una cesura che divide internamente anche la Germania, con l’ex DDR culturalmente e mentalmente lontanissima dal post-storicismo renano-bavarese.

Ecco perché la storia di Nord Stream 2 non potrà mai essere la storia di un semplice gasdotto.

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