L’illusione di un mondo migliore

Vivevamo, fino a un mese fa, nell’illusione di un mondo libero, idilliaco quasi, dove lo spettro della guerra non era che un ricordo di inchiostro sbiadito sui libri di storia. Poi abbiamo visto come tutto cambia, come la vita di un Paese viene stravolta una mattina, all’alba. E, all’improvviso, il momento della giornata sinonimo di speranza, non ha più alcun valore. Ci eravamo illusi di poter vivere nella fantasia della pace; ci eravamo nascosti dietro la falsa promessa di non farci la guerra, stupidamente convinti che l’ordine multipolare occidentale-centrico fosse in grado di tenere le redini di un carro fantasma.

La guerra, ai confini dell’Unione, ha palesato tutte le debolezze dell’Occidente, nonostante il martellante ritornello di un Occidente oggi più coeso che mai. La guerra ci ha colto  di sorpresa, amara, nonostante le evidenti avvisaglie di un imminente conflitto da tre mesi a questa parte, da quando le forze russe venivano dispiegate ai confini con l’Ucraina; pensavamo che fosse solamente un’altra prova di forza e niente più; pensavamo che nessuno avesse interesse a rovesciare quell’ordine in cui l’Occidente viveva felicemente. Peccato però che ciò che per noi è confortevole, per qualcun altro non è che una posizione scomoda da cui uscire. E peccato che siamo stati troppo concentrati su noi stessi per redecerne conto – sui nostri affari, sulla nostra stabilità economica, adesso rivelatasi fragile e interdipendente.

E poi ci eravamo illusi che un mondo migliore fosse possibile. Ma non ci siamo mai chiesti per chi – per chi un mondo migliore? Abbiamo sbagliato e lo dobbiamo ammettere; sbagliato a non mettere in prospettiva le cose, le ambizioni – puramente occidentali – di un mondo a trazione liberale, equo, solidale; sbagliato a dividere il mondo tra democrazie e democrature, tra bene e male. Abbiamo avuto la presunzione di arbitrare tra il giusto e il sbagliato. Abbiamo idealizzato un mondo governato dalla legge della bontà, dimenticando il latente istinto crudele dell’animo umano.

Il contrasto, se non l’opposizione, tra Occidente e Oriente è evidenziato dalla guerra iniziata sotto falsi pretesti dalla Russia. Una guerra che nasce da assunti culturali prima che strategici. Certo, sul piano strategico la Russia mira al controllo della costa ucraina. Ma c’è un movente più profondo, che va oltre qualsiasi logica. Da parte della Russia, quello di difendere il suo potenziale territorio dalla minaccia di occidentalizzazione – westernization; da parte del blocco occidentale, di evitare un ritorno al passato, di stabilire le fondamenta liberali su cui si costruisce un Paese democratico.

Due mondi che non si sono mai incontrati, capiti, veramente, nonostante il rilassamento delle relazioni dagli anni Novanta a oggi. Due blocchi così diversi, lontani l’uno dall’altro, impossibilitati dal raggiungere un compromesso per una cooperazione sincera e duratura, che fosse garantita dal più profondo desiderio di intensificare quei flussi economici e culturali, possibili solamente in condizioni di pace. Ma tutto questo, oggi, non è che un’utopia, la stessa in cui ci siamo crogiolati per due decadi, perché non siamo che degli inguaribili ottimisti. E Putin ci ha preso alla sprovvista. Adesso, non possiamo che fare i conti con la realtà.

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