Lo scorso 22 settembre oltre 75 città italiane hanno aderito allo sciopero di 24 ore indetto dalle sigle sindacali USB, ORSA, CUB, ADL e SGB con l’obiettivo di mostrare solidarietà alla popolazione palestinese.
“Rompere ogni collaborazione con lo stato di Israele, difendere Gaza e fermare il genocidio, dire no alla corsa al riarmo ed alla guerra, a fianco della Global Sumud Flotilla”. Sono questi i fili conduttori della mobilitazione pro-Palestina che lunedì scorso ha coinvolto numerose città italiane, tra cui Milano, Genova, Roma e Napoli, in seguito ai massicci attacchi di Israele nella Striscia di Gaza, in corso dal 7 ottobre 2023.
I cortei di manifestanti hanno protestato al grido di “Free Palestine”, denunciando i massacri che lo stato israeliano sta infliggendo alla popolazione palestinese, con l’intento di generare una reazione e giungere a una soluzione definitiva dei conflitti.
Assemblea Onu: è necessario riconoscere lo Stato palestinese
In ambito politico, in occasione dell’80esima Assemblea generale dell’Onu, in corso dal 22 al 30 settembre presso il Palazzo di Vetro (New York), oltre 150 Paesi – tra cui Portogallo, Andorra, Australia, Belgio, Canada, Lussemburgo, Malta, Regno Unito e San Marino – si sono riuniti per ufficializzare il riconoscimento di uno Stato di Palestina, guidati dalla Francia di Macron.
Durante il suo intervento, il presidente francese ha dichiarato che “niente giustifica la guerra in corso a Gaza”, rendendo nota la necessità di istituire un’amministrazione transitoria nella Striscia che coinvolga l’Autorità Nazionale Palestinese, il cui compito sarà quello di supervisionare lo smantellamento di Hamas.
Macron ha aggiunto, inoltre, che “la Francia è pronta a contribuire a una missione di stabilizzazione a Gaza, sollevando la prospettiva di una presenza di sicurezza internazionale nel territorio”.
Con le sue dichiarazioni, il primo ministro francese ha ottenuto l’approvazione degli altri Paesi riuniti nell’assemblea che si sono mostrati concordi nell’intento di riconoscere lo Stato di Palestinaper fornire una soluzione politica alla guerra nella Striscia.
Una soluzione già ipotizzata da Kaja Kallas, l’Alta rappresentante dell’Ue per la Politica estera che, in conferenza stampa al termine della riunione informale dei ministri degli Esteri Ue a margine dell’Assemblea Onu, ha affermato “tutti gli Stati membri europei affermano che Hamas non dovrebbe avere alcun ruolo nella futura governance di Gaza”, aggiungendo che “se parliamo della soluzione dei due stati, allora devono esserci due stati. Ed è per questo che gli Stati membri hanno adottato misure per il riconoscimento, in modo che ci sia anche un altro stato, oltre a Israele”.
Non si è fatta attendere la risposta del primo ministro israelianoBenjamin Netanyahu che in un videomessaggio rivolto ai leader politici dell’Assemblea Onu ha dichiarato “State offrendo un’enorme ricompensa al terrorismo. Non accadrà, non si realizzerà, non verrà istituito uno Stato palestinese a ovest del fiume Giordano”.
Netanyahu, accusato dalle Nazioni Unite per il genocidio in corso a Gaza, ha inviato il messaggio poco prima dell’inizio dell’Assemblea Onu, confermando la sua opposizione a qualsiasi trattativa per la pace in Palestina.
Meloni: riconoscere la Palestina può essere un efficace strumento di pressione politica
Parlando con i giornalisti a margine dell’assemblea generale dell’Onu, Giorgia Meloni ha annunciato la presentazione di una mozione da parte della maggioranza per riconoscere lo Stato palestinese.
Tuttavia, la premier si è mostrata scettica nei confronti di tale iniziativa, sostenendo che
“il riconoscimento della Palestina in assenza di uno Stato che abbia i requisiti della sovranità non risolve il problema, non produce risultati tangibili, concreti per i palestinesi”.
Meloni ha poi aggiunto che riconoscere lo Stato palestinese “può essere un efficace strumento di pressione politica”, soprattutto nei confronti di Hamas, perché – ha spiegato la premier – “è Hamas che ha iniziato questa guerra ed è Hamas che impedisce che la guerra finisca rifiutandosi di consegnare gli ostaggi”.
Dunque, il governo italiano propone una mozione condizionata – un do ut des –, che di fatto si risolve nei termini dello scambio, rischiando di minimizzare gli orrori che Israele sta perpetrando nella Striscia di Gaza.
“Il riconoscimento di uno Stato è un atto formale, che in questo caso ha anche un alto valore simbolico oltreché politico. O lo fai o non lo fai. Perché l’Italia non può unirsi ad altri 150 e più Paesi che hanno già riconosciuto lo Stato della Palestina?”, così è intervenuto il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, incalzando su una rapida presa di posizione dell’Italia, aggiungendo che “se l’Italia non si affretta non ci saranno più le condizioni per il riconoscimento: semplicemente perché non ci sarà più la popolazione palestinese”.