Oscar Wilde, il dandy irriverente “colpevole” di omosessualità

Il 30 Novembre 1900 si spegneva a Parigi Oscar Wilde, esponente dell’Estetismo e geniale dandy dell’età vittoriana. Una morte indegna rispetto alla grandezza dell’autore, che il 5 Aprile 1895 venne arrestato per oltraggio alla decenza. Tale oltraggio consisteva nel fatto che egli aveva osato amare una persona dello stesso sesso. 

Oscar Wilde è uno degli autori più apprezzati e amati, anche in tempi recenti. Tutti ci saremo imbattuti almeno una volta in uno dei suoi aforismi sul web, spesso usati a sproposito, ma comunque frequentemente citati. Oltre a padroneggiare il linguaggio in modo impeccabile e ad aver elaborato una concezione nuova di arte ed Estetismo, Wilde è un autore famoso per le sue disavventure personali. A causa della sua storia d’amore con Lord Alfred Douglas, detto Bosie, infatti, egli fu incarcerato, costretto ai lavori forzati per due anni ed uscì da quella esperienza come un uomo totalmente nuovo, anche se distrutto.

Prima ancora di essere processato, Wilde aveva diversi nemici. Infatti, sicuramente l’autore irlandese veniva apprezzato dal grande pubblico, che lodava la sua tagliente ironia, le esilaranti commedie e le capacità oratorie e scrittorie. Tuttavia, alcuni aspetti del pensiero e della scrittura wildiana gli procurarono spesso problemi, poiché suscitava scandalo la sua capacità di demistificare la società vittoriana. Il dandy non mancava di prendere in giro usi e costumi della società inglese, chiusa nella sua ipocrisia e nel prudery. Ciò poiché era conscio di quel perbenismo che caratterizzava il compromesso vittoriano: una società paradossale che, pur commettendo azioni orrende, come lo sfruttamento minorile, curava l’apparenza con un moralismo a dir poco eccessivo. Su queste contraddizioni Wilde più volte gioca e diverte, ma è anche un autore indubbiamente scomodo. Esempi lampanti sono i personaggi delle commedie, come L’importanza di essere onesto, in cui la nobildonna Lady Bracknell arriva a “rimproverare” di sbadataggine il protagonista poiché rimasto orfano. Oppure ancora Il fantasma di Canterville, il racconto più famoso dell’autore, in cui viene preso in giro il consumismo della società, attraverso una famiglia che di fronte ad un fantasma non riesce a spaventarsi, ma è più concentrata a lodare l’efficienza dei detersivi. E ultimo ma non per importanza, Il ritratto di Dorian Gray, unico romanzo di Wilde, che indaga sulle maschere che ogni giorno portiamo come volti, mostra come l’arte sola sia la via della verità che smaschera la bruttezza celata di fronte un’apparente meravigliosa bellezza.

Malgrado le eccezionali capacità letterarie dell’autore, Wilde è destinato a una doppia vita nascondendo “l’amore che non osa pronunciare il suo nome”. Vivrà qualcosa di simile da quel che accade anche a E. M. Forster, che confesserà la sua omosessualità chiedendo di pubblicare il romanzo postumo Maurice. Il dandy non si nasconde più invece, e avendo contro anche il padre di Lord Alfred Douglas, la sua doppia vita costretta viene svelata: egli è un uomo sposato apparentemente “normale” (per la società, si intende), ma che ha commesso un grave errore: non tanto quello di essere omosessuale, quanto di averlo manifestato, non aver decorosamente continuato a celare tutto. Di Oscar Wilde sul banco dei testimoni durante il suo processo abbiamo effettivamente diverse fonti. Sicuramente il momento più intenso della sua testimonianza è quando gli viene posta una domanda circa una poesia composta da Bosie, dal titolo “Due amori”.

E gridò: “Mente: il suo nome è Vergogna.

Ma io sono Amore, ed ero solito stare

Da solo in questo giardino, sin quando egli venne,

inatteso, la notte; io sono Amore verace e riempio

i cuori a fanciulli e fanciulle di reciproco ardore.”

Poi fra sospiri l’altro mi disse: “Fa’ ciò che vuoi,

io sono l’Amore che non osa dire il suo nome.”

  • Dalla poesia “Due amori” di Lord Alfred Douglas 

“Che cos’è l’amore che non osa pronunciare il suo nome?”, viene chiesto a Wilde, volendo suggerire che si intendesse con questo un amore puro ed un amore invece frutto del peccato, innaturale. Ipotesi subito intuita da Wilde, che brillantemente risponde:

L’Amore, che non osa dire il suo nome in questo secolo, è il grande affetto di un uomo anziano nei confronti di un giovane, lo stesso che esisteva tra Davide e Gionata, e che Platone mise alla base stessa della sua filosofia, lo stesso che si può trovare nei sonetti di Michelangelo e di Shakespeare… Non c’è nulla di innaturale in ciò.

  • Da “Oscar Wilde sul banco dei testimoni” a cura di Masolino D’Amico

A nulla vale tuttavia il potente eloquio dell’autore, che verrà come detto condannato. Dall’esperienza traumatica della prigionia di Wilde ha comunque avuto il felice risultato di donarci alcune tra le parole più belle della nostra letteratura, che sono contenute nelle lettere, ma anche nell’opera che compose ispirato dal carcere, La ballata del carcere di Reading, sul tema della pena di morte.

Dalle lettere sia agli amici sia all’amato Bosie, possiamo sia comprendere la sofferenza dell’autore, che comunque vive una profonda crescita personale in carcere, ma anche la sua eccezionale capacità di scrittura, perfino in tali circostanze.

Il dolore, se verrà, non potrà durare in eterno; sicuramente un giorno io e te ci incontreremo di nuovo, e anche se il mio volto sarà una maschera di dolore, e il corpo consumato dalla solitudine, tu solo riconoscerai la mia anima che è più bella per aver incontrato la tua, l’anima dell’artista che ha trovato in te la perfezione, dell’amante della bellezza al quale tu sei apparso come l’essere impeccabile e perfetto.

  • Lettera di Oscar Wilde a Bosie

Indirizzato a Bosie è anche il capolavoro De Profundis, in cui l’autore tratta di moltissimi argomenti: la figura di Cristo, la letteratura e filosofia classica (non dimentichiamo che Wilde si laureò col massimo dei voti in lettere classiche), ma soprattutto analizza l’emozione del dolore ed elabora una nuova concezione di bellezza, di Estetismo e di piacere. Wilde parla dalle profondità dell’anima, come suggerisce il titolo e mostra un uomo nuovo che impara a scoprire la bellezza nelle piccole cose e perfino nel dolore. Anche nella sua sofferenza, infatti, egli vede una bellezza, una bellezza che non sta nella grandiosità, nello sfarzo e soprattutto non nell’apparenza (come già con il suo Il ritratto di Dorian Gray egli ci aveva insegnato), bensì nell’umiltà, nelle piccole cose, nei fiori, nella Luna, nei libri, nella solitudine. Il dolore diventa veicolo per una nuova scoperta di se stessi e mostra la verità, è un sentimento autentico che, dice Wilde, non reca mai maschere. Una concezione di vita e di bellezza che ci fa riflettere e che è giusto, soprattutto oggi, ricordare.

Ma, mentre in certi momenti sono arrivato a rallegrarmi all’idea che i miei patimenti non avrebbero avuto fine, non potrei mai e poi mai sopportare che non possedessero un significato. Ora trovo, in qualche punto recondito della mia natura, qualcosa che mi dice come nulla di tutto quanto esiste al mondo manchi d’un significato, e i patimenti, poi. […]

Sei venuto a me per conoscere il Piacere di vivere e il Piacere dell’arte. Forse io sono destinato a insegnarti qualcosa di ben più stupendo: il significato del Dolore, la sua bellezza.

  • Oscar Wilde (De Profundis)

Il maestro di bellezza malgrado la fine tragica che fece, perfettamente documentata dal film Il principe felice, grazie al potere della letteratura rimane vivo in tante memorie di milioni di lettori. Sulla sua lapide a Parigi fino al 2011 (anno in cui fu posto un vetro per impedirlo) i visitatori erano soliti applicare un rossetto alla bocca e poi baciarla, reca ancora i segni. Si tratta, ovviamente, soprattutto di giovani appartenenti alla comunità omosessuale e non solo, di cui Oscar Wilde è martire e simbolo.

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