Processo Morganti, ha vinto il branco

L’orologio batte le 18.00 circa quando, toga in spalla, i giudici della Corte d’Assise di Frosinone fanno il loro ingresso in aula. Fa caldo, ma la sala è piena: in molti sono accorsi per la lettura della sentenza. Familiari, parenti, amici. Mamme, perché Emanuele potrebbe essere uno qualsiasi dei loro figli, che una sera come tutte le altre, esce, vivo e in salute, e, dopo poche ore, è incosciente, su un’ambulanza, con i medici che tentano di farlo respirare.

La Corte entra. Tutti si alzano in piedi.  

Ancora per un minuto abbiamo “fiducia nella giustizia.”

Ma, ben presto, arrivano i tecnicismi: “non omicidio volontario ma omicidio preterintenzionale”, ed ecco che grazie ad un cavillo la vita di un ventenne non vale più niente. Per gli assassini di Emanuele Morganti picchiato a sangue la tragica sera del 24 marzo 2017 all’uscita del Mirò Music Club di Alatri, soltanto 16 anni di carcere.

I pm avevano chiesto l’ergastolo per Michel Fortuna, 28 anni per Mario Castagnacci, 26 per Paolo Palmisani e 24 per Franco Castagnacci, padre di Mario.

Dunque 16 anni per i tre assassini. Immediata libertà invece per Castagnacci senior,  assolto perché “il fatto non sussiste.”

Emanuele è stato ucciso ancora una volta. E potrebbe non essere il solo, perché le tre bestie due anni li hanno già scontati, e, considerando come vanno le cose in Italia, con altri “cavilli” potremmo ritrovarceli fuori tra pochi anni, pronti per sfogare le loro frustrazioni su altri ragazzi, pronti a riempirli di botte, ma attenzione: “non con l’intenzione di uccidere.”

Facile dire: “non volevamo ammazzarlo”, quando ormai il danno è fatto.

Un ragazzo è morto. Non è uno scherzo.

Proprio la sera prima del delitto, uno degli assassini, Mario Castagnacci,  era stato arrestato perché trovato in possesso di molte dosi di droga, tra hashish e cocaina. Il gip che ha convalidato l’arresto di lui e di altri tre complici, ha riconosciuto la tesi difensiva del “consumo di gruppo” che ha poi portato alla scarcerazione.

Ora ditemi, come si fa ad avere “fiducia nella giustizia”?

Quella bestia doveva stare in prigione, non libero di spacciare ed ammazzare.

Pensate a come sarebbero potute andare le cose se Mario Castagnacci fosse stato  trattenuto in carcere?

Meglio non pensarci, troppa rabbia mi assale.

Il messaggio che passa è terribile.

Nessuno è più al sicuro. Un pregiudicato può drogarsi, spacciare ed uccidere tranquillamente persone innocenti, senza motivo, tanto: “mica avevo intenzione di ammazzarlo.”

Quella maledetta sera mi trovavo anch’io al Mirò di Alatri. Anch’io ho ballato in quel locale, e chiacchierato con i miei amici in Piazza Regina Margherita. Me ne sono andata poco prima della tragedia. La mattina dopo ho appreso dalla stampa che un ragazzo era stato ridotto in fin di vita in quello stesso posto dove ero stata fino a poche ore prima. Mi sono venuti i brividi, e li ho ancora adesso. Magari Emanuele l’ho pure visto, oppure no. Magari ci siamo incrociati ballando o al bancone. Io i carabinieri li avrei chiamati in tempo, non sarei rimasta impassibile di fronte ad un ragazzo massacrato di botte. Forse avrei potuto fare qualcosa per lui se, prima dell’accaduto, non avessi deciso di andar via per colpa dei tacchi. Penso e ripenso. Mi tormento.

Non è possibile perdere la vita così. Non è possibile che un ragazzo venga pestato a sangue da un branco crudele sotto lo sguardo indifferente di molti. Non è possibile che soltanto il suo migliore amico sia andato in suo soccorso. Non è possibile che nessuno abbia chiamato i carabinieri in tempo.

Troppe indizi che fanno pensare ad una tragedia che si sarebbe potuta evitare.

La sua famiglia ha perso un figlio, un fratello, un nipote, e questa sentenza è un insulto alla vita di un ragazzo di vent’anni, un insulto al dolore dei tanti che gli volevano bene, un insulto alla sua agonia di due giorni su un letto d’ospedale, lottando fino all’ultimo respiro per sopravvivere.

No, non può essere questa la giustizia.

E se è questa affrettatevi a cancellare quella bella scritta dai tribunali “la legge è uguale per tutti”, e sostituitela con “la legge aiuta i delinquenti”.

Molto più veritiera.

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