Spagna, un quadro politico sempre più complesso

La situazione politica in Spagna, a poco più di tre settimane delle elezioni del 28 aprile, appare molto incerta per via della frammentazione che caratterizza il sistema politico spagnolo. È bene fare prima un excursus sulle vicende che hanno caratterizzato il panorama politico iberico negli ultimi anni.

Partiamo dalle elezioni politiche del 2015 che hanno portato all’elezione del Parlamento più frammentato nella storia politica spagnola. Il Partito Popolare del Premier uscente Mariano Rajoy ottenne il 28% e risultò il primo partito, il Partito Socialista conseguì il peggior risultato della sua storia dalla Transizione Spagnola in poi e la compagine di sinistra Podemos arrivò a un ottimo 20%; inoltre furono le prime elezioni a vedere la partecipazione del partito liberale Ciudadanos che prese il 13%.

I quattro però, dopo mesi di trattative, non riuscirono a trovare un accordo. Si tornò a votare il 26 giugno 2016 nelle elezioni che videro l’affermazione del Partito Popolare con il 33 % consensi, molti ma non sufficienti ad ottenere la fiducia delle Camere, tanto che lo stesso Rajoy riuscì a governare solo grazie all’astensione di alcuni deputati socialisti.

Si arriva al 2 giugno con la sfiducia costruttiva attuata contro Rajoy per via di uno scandalo di corruzione che aveva colpito alcuni membri di spicco del suo partito. Si insedia, quindi, un governo di centro-sinistra guidato dal leader del Partito Socialista Pedro Sanchez, appoggiato anche da Podemos, che resterà in carica fino al febbraio di quest’anno. Si dimetterà a causa della mancata approvazione della Legge di Bilancio.

Venendo a oggi, i sondaggi prevedono ancora una volta un quadro politico frammentato, poichè il Partito Socialista guidato dal Premier uscente Sanchez risulta il primo partito ma non avrebbe la maggioranza per governare. Subito dopo vi sarebbe il Partito Popolare guidato dal nuovo segretario Pablo Casado, Ciudadanos guidato dal giovane Albert Rivera; qualche punto indietro Podemos guidato da Pablo Iglesias che deve fare i conti con una scissione all’interno del partito dell’ex numero 2 Errejon e infine il nuovo partito di estrema destra Vox di Santiago Abascal.

Con questi risultati sarebbe difficile formare una nuova maggioranza infatti il Partito Socialista dovrebbe tentare una difficile alleanza con i liberali di Ciudadanos oppure potrebbe formarsi una maggioranza di centrodestra con Partito Popolare ,Ciudadanos e Vox, ma anche in questo caso potrebbe essere difficile trovare un accordo. Si prospetta quindi uno scenario simile al 2015.

Questa difficoltà nel formare un nuovo governo deriva, molto probabilmente, dalla legge elettorale in vigore dal 1977, che si presenta proporzionale all’interno di ciascuna circoscrizione al Congresso con una soglia di sbarramento del 3%, tesa a escludere i partiti più piccoli. Non è possibile esprimere invece preferenze data la presenza delle liste bloccate e non vi è inoltre un premio di maggioranza.

Al Senato la legge presenta un sistema maggioritario plurinominale che premia i partiti maggiormente strutturati a livello locale. Questa legge elettorale era stata pensata in un’ottica bipartitica ma, con il sorgere di nuove formazioni come Podemos e Ciudadanos, ha reso sempre più difficile garantire maggioranze stabili portando i Governi ad avere vita breve.

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