Topi e uomini

10 febbraio 1970, 651 giorni dall’inizio dell’esperimento dell’etologo John Calhoun, il collasso della società è iniziato.
Ma partiamo dall’inizio, Calhoun influenzato dalla teoria malthusiana della sovrappopolazione che afferma che l’incremento demografico avrebbe spinto a coltivare terre sempre meno fertili con conseguente calo di generi di sussistenza e quindi il crollo dell’economia, questo perché la popolazione crescerebbe con una progressione geometrica quindi più velocemente delle disponibilità alimentari.
Nel suo esperimento denominato universo 25, l’etologo statunitense progettò un habitat in grado di contenere 3500 ratti da laboratorio, con cibo in abbondanza e temperatura costante, dopo 104 giorni di adattamento i primi esemplari iniziarono a riprodursi, ma trascorsi 315 giorni iniziarono a svilupparsi le prime anomalie comportamentali da parte dei topi dovute paradossalmente alla sovrappopolazione dell’habitat, si era arrivati ad un punto dove c’erano più topi che ruoli sociali e le gerarchie dunque erano costantemente minacciate.
Il forte stress della difesa del territorio e delle femmine portò i maschi alfa ad abbandonare il proprio compito, cosi con il crollo dei ruoli sociali emersero comportamenti autodistruttivi e antisociali.
I maschi divennero aggressivi e formarono gruppi che attaccavano sia le femmine che i piccoli, altri divennero pansessuali, anche le femmine si radunarono in gruppi e dovendo utilizzare la maggior parte delle forze per difendersi iniziarono a trascurare i piccoli e si verificarono anche episodi di cannibalismo verso quest’ultimi nonostante l’abbondanza di cibo.
Arrivati al giorno 600 la popolazione si fermò a 2200 esemplari e tre erano i macro gruppi che si erano formati; i topi più deboli che si erano radunati per sopravvivere essi mangiavano solo quando i topi più forti riposavano per evitare lo scontro, in questi esemplari si riscontrarono atti di autolesionismo, poi c’erano le femmine che non erano più capaci di prendersi cura dei piccoli infine si formò un gruppo denominato “i belli” questi topi passavano le giornate a lisciarsi il pelo e non avevano interessi né nel combattere né tanto meno nel riprodursi, da qui in poi ci fu il crollo della società che si era formata.
Le conclusione tratte da Calhoun furono ineluttabili la società dei topi crollò perché vennero a mancare i ruoli sociali e non per mancanza di risorse che al contrario erano abbondanti.
I topi spesso sono utilizzati come metafora degli uomini basta pensare alla famosa immagine che rappresenta dei topi in giacca e cravatta all’interno di una metropolitana ma mai come in questo caso la metafora è cosi calzante.
Fin da subito nell’esperimento si nota la formazione di veri e propri ghetti dove i topi più deboli si ammassano inizialmente esclusi dalla società dei più forti e successivamente auto esclusi per il troppo distacco di potere stessa cosa accade nel campo umano la formazione dei ghetti ha origini simili, la disparità sociale porta all’accumularsi di individui “deboli” nella stessa zona fino a formare una micro società che per forza di cose incapace di reagire alla propria situazione inizia a praticare autolesionismo.
Per comprendere meglio basta guardare all’espansione socio-economica avvenuta in Italia a partire dagli anni 70 del novecento, le grandi città abbondavano di cibo e gli individui attirati da ciò emigrarono da ogni dove per cercare di conquistarne un po’. Ciò portava l’individuo debole ovvero il migrante a competere da prima con l’individuo forte ovvero l’autoctono che già si trovava nella grande città e che quindi partiva favorito “nel caso dei topi il maschio alfa” e allo stesso tempo a competere con altri individui deboli e nel momento in cui lo svantaggio si fece troppo grande sia per questioni puramente economiche sia per questioni culturali ad esempio nel caso del nord l’esclusione delle persone provenienti dal sud considerate barbare, si vennero a formare micro comunità relegate alle zone periferiche delle grandi città da li la competizione sociale dovuta inizialmente alla frustrazione per il fallimento e successivamente al totale annichilirsi della speranza di una vita migliore degenerò in autolesionismo e quest’ultimo tradotto nei termini di una comunità umana voleva dire criminalità.

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