Una democrazia consapevole non può prescindere dalla cultura

Hanno fatto molto scalpore sui social le dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella secondo cui per fare politica serve preparazione e studio, non la si può fare in maniera approssimativa prendendo delle scelte per “sentito dire”.

Ma al di là di come ognuno possa valutare le suddette dichiarazioni, esse oggettivamente pongono il problema importantissimo – in termini di responsabilità- nel governo della cosa pubblica.

Paradossalmente il principio di responsabilità nel governo della cosa pubblica è intimamente connesso alla competenza di chi ha il potere di decidere sul piano dell’esercizio della funzione pubblica e orientare le scelte del legislatore.

Ed è solo lo studio e la preparazione che producono competenza che in ultima analisi non vuol dire altro che conoscenza dei problemi e capacità di individuare le possibili soluzioni.

È evidente pertanto che tra le possibili soluzioni il politico, l’uomo di governo dovrà – nell’interesse generale – scegliere sempre e comunque la soluzione il cui impatto è quello più produttivo di benefici per la collettività ovvero quello che, al contrario, ha meno conseguenze negative sul piano economico e sociale.

Ecco perché il richiamo del Presidente della Repubblica alle scelte della politica che devono essere mediate e ponderate giammai improvvisate ovvero dettate dal “sentito dire” è più che pertinente.

Ciò significa che il politico, proprio in ragione della responsabilità cui è chiamato, non può concepire la propria funzione come un impegno “secondario”. Proprio perché la politica non si può improvvisare ma richiede impegno costante sui problemi che ha come presupposto importante un approccio “culturale”, sia esso di natura giuridica o economica, che necessità di studio e di analisi.

In tale quadro la conoscenza del meccanismo di funzionamento della macchina dello Stato, dei suoi tempi e delle sue inefficienze è l’ulteriore elemento da cui il politico non può prescindere.

Oggi purtroppo la rete e la velocità con la quale le informazioni che vengono veicolate hanno smarrito il bisogno della verifica della fondatezza e della veridicità delle stesse facendo venir meno anche il piacere della conoscenza attraverso l’approfondimento.

Non ha torto chi afferma infatti che le fake news – specialmente quando sono organizzate – presentano un aspetto quasi eversivo perché idonee a condizionare le scelte democratiche di quei cittadini elettori – e purtroppo sono una grandissima parte – che non hanno gli strumenti culturali per valutare la fondatezza o meno dell’informazione.

Il fenomeno è talmente preoccupante che non va sottovalutato soprattutto se si pensa che l’uso e la diffusione massiccia di fake news ha determinato anche la nascita di movimenti che mettono in discussione, senza alcun fondamento la scienza e risultati di secoli di ricerca. Basti pensare ai “No-Vax” o ai cosiddetti “Terrapiattisti”

Un ruolo importante in tal senso dovrà svolgere la scuola.

L’insegnamento dell’educazione civica, lo studio della Costituzione è essenziale per far maturare la consapevolezza dei diritti di cittadinanza di cui siamo titolari i quali per essere esercitati responsabilmente hanno bisogno di conoscenza e di cultura.

La cultura migliora la qualità della democrazia, migliora la qualità della politica e ci rende tutti più liberi.

Non è un caso che uno dei maggiori filosofi liberali moderni, Dario Antiseri, in un interessante breve saggio pubblicato il 10 marzo 2019 su “L’ Osservatore Romano” ammonisce che occorre più cultura per preservare la democrazia. E a tal proposito cita un’affermazione di MarthaNussbaum secondo cui i mezzi di comunicazione moderni amano le frasi lapidarie e la sostituzione di un’autentica discussione con l’invettiva. Ciò, secondo Nussbaum crea una cultura politica degradata.

Del resto già Socrate invitava gli ateniesi a non accettare discorsi o proposte senza averli sottoposti al vaglio del proprio ragionamento. E il ragionamento presuppone conoscenza.

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