Urbi et Orbi: dal centro di piazza San Pietro alla periferia dell’umanità

Una benedizione Urbi et Orbi, l’indulgenza plenaria ma, soprattutto, un’immagine, la solitudine nel mezzo di una piazza nell’immaginario collettivo sempre gremita, che è simbolica dell’angoscia del Mondo.

Nessuna guerra, nessuna devastazione, nessuna carestia. Solo e solamente l’imago di un uomo, solitario, in un deserto della speranza, vicario di Cristo tra gli uomini, senza umanità intorno. Ed un Cristo, quello cui il Papa si avvicina nel momento conclusivo della sua preghiera, quasi impotente di fronte al vuoto cosmico che gli stagliava davanti. 

Nessun clamore di genti, nessuna folla festante, nessuna testa rivolta verso le finestre. Uno scenario che non si verificava nemmeno durante le guerre mondiali – e questo deve dare l’effettiva dimensione del buco nero nel quale siamo sprofondati.
In momenti del genere c’è chi si rivolge all’Altissimo, chi ne bestemmia il nome, chi fa appello alla ragione, chi cede e si abbandona al nichilismo, chi apre il cuore alla speranza, chi crea nuove divinità pagane: la storia umana è ciclica, di esempi ne è pieno il suo corso.

Io, da ultimo dei peccatori, mi rimetto alla coscienza, quella collettiva, che spera in una umanità migliore nel giorno che verrà, quando i bambini correranno nuovamente nei prati e masse di pellegrini torneranno a riversarsi in piazza San Pietro nel nome di un Cristo da invocare non solo come extrema ratio del genere umano.

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