Verba manent: campagna virale

La corsa alla White House sarà più lunga del previsto: chi si aspettava un risveglio piacevole mercoledì mattina, è rimasto beffato. È stata una campagna strana, più virale che elettorale, nella quale i consueti contenuti propagandistici sono venuti meno. 

Virus, solo ed esclusivamente virus. 

L’elettore statunitense, nell’eventualità della riconferma di Trump, è stato messo davanti a una scelta ben precisa: avere a cuore soltanto l’economia degli Stati, o nutrire interesse anche verso la tenuta sociale di essi. Perché nel primo caso Donald ha merito, mentre nel secondo demerito. 

D’altro canto, Biden ha condotto una campagna – virale – più comoda, senza superomismi, fiducioso nei sondaggi che lo davano indiscutibilmente favorito, incerti, poiché già le scorse elezioni mostrarono la fallacia delle previsioni.
E così si prospettano due scenari, l’uno che conferma i sondaggi pre voto, l’altro che ipotizza un ricorso alla Corte.

The Donald punta al broglio, grida stop ai conteggi per falso in Michigan, ad esempio, e tenta di spuntarla per vie legali, forse più grazie all’astuzia che alla condotta politica. 

L’unica certezza, in una baraonda senza precedenti, è che il coronavirus si è attestato come vincitore della maratona: ha dominato i dibattiti, ha condizionato l’elettorato, ha colpito Trump e non ha risparmiato difficoltà. Ma siccome il Covid-19 non può aggiudicarsi il trono della White House, attendiamo il vero trionfatore, consapevoli che, senza la pandemia, staremmo discutendo di altro e soprattutto in altri termini.

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