Verba manent: cercasi patriarcato

L’avremmo scongiurato con tutte le nostre forze, ma era inevitabile: la morte di Giulia Cecchettin ha scatenato fazioni opposte che si fanno guerra in tv e sui giornali a colpi di femminismo e patriarcato. 

Trascorsi due giorni dal ritrovamento del corpo della giovane studentessa, si è accesa una polemica intorno alla retorica sostenuta da molte donne, secondo la quale tutti gli uomini debbano chiedere scusa (di cosa?) e, in fondo, siano tutti quanti carnefici in quanto nati con la coppia di cromosomi XY. Può sembrare un ragionamento astratto, tuttavia il dibattito delle ultime ore si è concentrato su uomini che difendono giustamente il loro diritto all’educazione e su donne che inveiscono stanche di un problema reale come quello dei femminicidi e delle violenze di genere. 

Entrambi hanno ragione, ma non riescono a dimostrarla, persi nella disastrosa dialettica nella quale si sono ficcati. Innanzitutto le donne, giustamente sfinite da una narrazione reale nella cronaca, che mostra quanto siano frequenti comportamenti persecutori, violenze fisiche e psicologiche e omicidi di genere. Tutto questo accompagnato da una reticenza culturale che è arretrata nel considerare l’amore come libertà, non come possesso, e il sentimento come valore e non come proprietà. Dall’altro lato, invece, gli uomini. Che hanno perfettamente ragione a gridare “basta” al coro sollevato da alcuni gruppi sociali e politici, i quali li vorrebbero tutti stupratori e violenti. Per fortuna costoro sono una minoranza, deprecabile, dannosa, fangosa, ma minoranza. Spetta a quelli buoni far capire che non sono tutti così. 

Se la prendono col patriarcato, che però faticano perfino a definire. Cos’è il patriarcato? Le leggi dei padri? La cultura dell’homo? Sofocle raccontava di un sovrano autoritario, Creonte, che era inflessibile sulla legittimità del diritto di stato, mentre sua nipote Antigone si appellava alle leggi non scritte, quelle degli dei, per dare degna sepoltura al corpo di Polinice. Il re prevalse, Antigone fu condannata a morte, con lei morì anche il suo amato Eteocle. Per una scelta incontestabile di un uomo, morirono altri uomini. 

Questo però non è il mondo di Creonte, questa non è Tebe. Viviamo in una società affetta da malanni, ma non tutti ne sono portatori. Distinguerli sarebbe un gesto di onestà intellettuale. 

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