Verba manent: la colpa di essere tecnici

Nell’occhio del ciclone mediatico ultimamente è finito Piantedosi, ministro dell’Interno, che ha spiegato il suo punto di vista in merito al tragico naufragio sulle coste calabresi, a Cutro, costato la vita a decine di migranti. Secondo il ministro, quelle persone non dovrebbero partire, perché “di fronte a tragedie di questo tipo non c’è al primo posto il diritto o il dovere di partire”. Piantedosi non partirebbe, ha aggiunto, qualora fosse disperato, perché al primo posto c’è la responsabilità. Giù di critiche, in parte condivisibili, in parte no.

Senz’altro un alto rappresentante delle istituzioni, qual è lui, in un momento così tragico potrebbe risparmiarsi frasi di circostanza che sono decontestualizzate. Ovvero egli non potrà mai sapere, come molti di noi, cosa si prova a vivere nella disperazione, sognando un Paese democratico e sicuro – sarebbe interessante capire se coloro che in passato sono approdati in Italia e qui si sono stabiliti oggi la pensino ancora così. Quello che voleva sostenere il ministro, in altre parole e comunque fuori luogo rispetto alla tragedia, è che partire da così lontano, sapendo che la meta più prossima, ossia la Grecia, non avrebbe garantito accoglienza (da chiarire il perché), è rischiosissimo. Per di più, gli scafisti, veri responsabili di ogni tragedia di tale portata, chiedono somme ingenti per traghettare i migranti verso un destino incerto. 

Le parole di Piantedosi, per le opposizioni, sono state un pallone lanciato sui piedi del bomber davanti alla porta avversaria e senza portiere pronto a difenderla. Sarebbe già pronta una mozione di sfiducia da sinistra, in più la Schlein, che come primo atto del suo nuovo corso da segretaria ha chiesto le dimissioni di un ministro, è già pronta a muovere battaglia. 

Già in passato, quando il problema erano i rave abusivi, Piantedosi aveva usato parole dure. Quindi il ministro non è nuovo al badare poco alla forma. La verità, in fondo, è che egli è un tecnico, un burocrate che con il linguaggio e i modi della politica, almeno quelli che essa dovrebbe avere, non c’entra nulla. E non ha voglia a quanto pare di adeguarsi alla maniera dei politici. Davanti al problema, soluzioni e spiegazioni nette e concrete. Se questa ipotesi non fosse sufficiente, allora bisognerebbe supporre che Matteo Piantedosi sia un inumano e crudele fascista che se ne infischia della pelle dei migranti. Ma, siccome così non è, il problema resta il modo. Che ha la sua importanza, senza dubbio, ma non è indice di crudeltà. 

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