Verba manent: la Resistenza del pensiero

Già prima dei partigiani e della Resistenza, senza armi né pretese ma solamente con il pensiero, Bacone aveva decretato la necessità che l’uomo si liberasse dagli idoli, pregiudizi insiti nell’intelletto umano tali da condurlo all’errore nelle proprie azioni. La resistenza intellettuale dei filosofi, che ormai occupano soltanto alcune pagine di libri polverosi, è stata nondimeno importante e, ahimè, dimenticata. Guglielmo di Ockham, durante il Medioevo, pensò che fosse opportuno recidere con la filosofia precedente ed eliminare il superfluo; con la metafora del “rasoio”, compì una rivoluzione di resistenza. Nietzsche annunciò la morte di Dio, che portò a compimento il nichilismo, ovvero la decadenza del pensiero precedente. Ancora oggi, la filosofia di Nietzsche resiste ed è considerata un modello di audacia, nonché un pensiero massimo nella storia.
Con tutto ciò, non intendo sminuire il contributo della Resistenza, molte volte eroico, bensì ricordare che spesso l’arma più efficace è la mente, non la carabina. Oggi, tutti ricordano i partigiani e sanno, all’incirca, chi fossero e cosa fecero. Pochi, invece, tengono a mente i resistenti del pensiero.

È bene festeggiare la liberazione dal nemico fisico, perché la liberazione dal nemico della ragione ancora deve avvenire. Quando sarà debellata l’ostentazione dell’ignoranza sterile, allora potremo festeggiare una liberazione essenziale. Per ora, accontentiamoci di commemorare i resistenti in armi, giacché i resistenti del pensiero sono assai più scomodi da ricordare. E talvolta la loro memoria è nociva .

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