Verba manent: l’Italia voyeur che guarda Temptation Island

Ogni settimana, quattro milioni di italiani si piazzano davanti alla tv per guardare coppie in crisi piangere, tradire, giurare amore eterno o lasciarsi tra fuochi d’artificio e occhi lucidi. È Temptation Island, il reality dei sentimenti svenduti, il confessionale collettivo travestito da esperimento sociale. Fa ascolti record, comanda i trend, invade i social. È la macchina perfetta del voyeurismo contemporaneo, e funziona.

Mediaset, d’altronde, questa macchina l’ha inventata. Negli anni Ottanta e Novanta ha rivoluzionato la televisione italiana rompendo l’egemonia educata, istituzionale e un po’ polverosa della Rai. Ha portato nelle case il varietà, il gioco, la provocazione, l’eccesso. E ha dato voce e corpo a un’Italia che voleva leggerezza, evasione e identità popolare. Prodotto vincente: ha cambiato il linguaggio, l’estetica, i ritmi, i riferimenti. E ancora oggi ne raccoglie i frutti.

Pier Silvio Berlusconi ora dice di voler voltare pagina. Ha cacciato Barbara d’Urso, punta sul racconto “familiare” e sul prodotto “pulito”. Ma Temptation Island resta. Perché è la forma più sofisticata di ciò che chiamiamo trash, anche se non sembra. Nessuna parrucca, nessun plastico, nessun dramma montato in diretta. Solo l’Italia che sbircia, giudica e ride. E si sente migliore mentre guarda il peggio. È la sublimazione del telespettatore impiccione, il trionfo dell’italiano medio che vuole vedere il privato degli altri per non pensare al proprio. Che si commuove, si scandalizza, commenta con disprezzo ma non cambia canale. Perché in fondo gli piace. Anzi, lo gratifica.

Bravissimi gli autori, impeccabile il montaggio, chirurgica la scelta dei personaggi. La tv è azienda, e l’azienda deve fatturare. Nulla da eccepire sul piano tecnico o commerciale. Ma se alziamo lo sguardo dai numeri e ci chiediamo che tipo di specchio sociale stiamo costruendo, allora la risposta fa paura. Inseguiamo l’intimità altrui come forma di consumo, mettiamo in scena relazioni per poterle demolire, vestiamo da “esperimento” quello che è solo intrattenimento emotivo a basso costo.

Temptation Island è uno specchio. Ma non riflette chi guarda in silenzio. Riflette chi guarda e non si riconosce. Chi si convince che “lui no, io non farei mai così”. Chi consuma drammi veri travestiti da format con lo stesso spirito con cui si sfoglia un giornale scandalistico in fila dal barbiere.

E allora la vera tentazione non è quella dei protagonisti. È la nostra: quella di continuare a guardare, sapendo benissimo che ci stiamo perdendo qualcosa.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here