Verba manent: Zingaretti, dimissionario in ritardo

Nicola Zingaretti, dopo più di un mese dall’elezione alla Camera, oggi firmerà le dimissioni da presidente della Regione Lazio. E lo farà con il coltello tra i denti pronto all’uso, metaforicamente, contro i 5 Stelle, senza i quali, dice Zingaretti, si potrà correre lo stesso verso la vittoria delle elezioni. Le due cariche che il presidente ha ricoperto finora, però, sono incompatibili. 

La costituzione, la cui sacralità il PD rivendica spesso, contro fantomatici attacchi  alla democrazia provenienti da destra, all’art. 122 ricorda che tali due cariche non possono essere ricoperte contemporaneamente. Zingaretti, con astuzia, aveva anticipato che in caso di elezione si sarebbe dimesso, mettendo così a tacere voci di critica, eppure fino a oggi nessun gesto concreto. Sarà la solita tarantella generalista, però se il dimissionario in ritardo fosse stato un governatore di destra, stampa e televisioni avrebbero scoccato frecce avvelenate. Invece, tutto sommato,  in questo caso poche polemiche. 

D’ora in poi inizieranno i 90 giorni pre elettorali e, presumibilmente, si andrà alle urne i primi di febbraio. Mentre a destra ritornano vecchi nomi che ogni 5 anni godono di popolarità apparente, consapevoli che mai sarà la “volta buona”, a sinistra è incertezza e astio. Tre opposizioni, ciascuna nemica dell’altra, in Parlamento come nella regione della Capitale. Non capiscono, o forse fanno finta di non capire, data la banalità del ragionamento, che per riprendere consensi devono vincere. E per vincere da soli non possono stare. È così difficile, da qui partendo, discutere seduti allo stesso tavolo senza litigare?

Intanto, comunque, Nicola Zingaretti s’è tirato fuori. E ha fatto tutto ciò che, per ora, era prestigioso fare politicamente: segretario di un partito di prim’ordine, presidente di una tra le principali regioni del Paese e parlamentare. Secondo il cursus honorum di un attore, se volessimo tirare la giacchetta al fratello Luca, dopo questo curriculum mancherebbe solo il “regista”. Anche se di quelli, nel PD, ce ne stanno già fin troppi.

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