Violenza contro le donne: la giornata internazionale in Turchia

Ieri, 25 novembre, ricorreva l’anniversario della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, voluta dalle Nazioni Unite e istituzionalizzata dal 17 dicembre 1999.

Secondo l’Articolo 1 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le donne, è considerata come tale «Qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata».  Sono state tante le norme che condannano tale azione e che continuano ad essere modificate nel corso degli anni dalle vare organizzazioni internazionali. Anche se rimangono abbastanza alti i numeri di femminicidio in tutto il mondo.

In particolare in Turchia, che rimane lo Stato con il più alto tasso di femminicidio al giorno. Eppure, come abbiamo già raccontato a luglio, nonostante sia stato il primo Paese a firmare la Convenzione e ad applicarla, adesso non ne usufruisce più. Oltre al danno la beffa, insomma! Come mai Erdoğan ha preso questa decisione? Per accontentare la parte più conservatrice del suo governo, andando persino contro sua figlia costretta poi – per ragioni che non sono date conoscere – ad abbandonare la lotta contro tale decisione.

Ma quali sono le conseguenze, otto mesi dopo, di tale presa di posizione per milioni di ragazze e donne vittime e per le organizzazioni che le proteggono? Ricordiamo, innanzitutto, che i 47 Stati aderenti sono obbligati a creare servizi di protezione e supporto per contrastare la violenza contro le donne: centri antiviolenza, accoglienza, linee telefoniche gratuite h24, consulenza psicologica e assistenza medica. Il Presidente turco dichiara che le donne siano già protette e aiutate dalle leggi turche, e non hanno bisogno di altro. Peccato che i dati e le poche notizie che riceviamo anche sui telegiornali rivelino il contrario. «Secondo i dati dell’ultimo rapporto sui femminicidi di Bianet, dall’inizio dell’anno almeno 256 donne sono state uccise in Turchia nella maggior parte dei casi da mariti, fidanzati o parenti; 22 femminicidi sono stati registrati nel solo mese di ottobre».

Nella capitale Istanbul si sono registrate tante manifestazioni da parte di donne che sventolavano bandiere viole nelle vie della città e sul Bosforo; non solo: insieme ad esse si ostentano anche foto delle vittime di violenza come bandiera. E cosa hanno incontrato durante il loro momento di giusta protesta? L’esercito e la polizia a ripristinare l’ordine secondo il solito modus operandi: bombole a gas, manganellate e repressione totale.

Un modus operandi che, almeno oggi, poteva essere evitato perché non “educativo”: se c’erano donne che non hanno mai ricevuto schiaffi e violenza da parte dei loro compagni o mariti a casa, le hanno prese fuori! E con altrettanta rabbia e forza hanno risposto, fregandosene del sistema governativo.

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