Zhora, quando muore una bambina, ma non interessa ai Globalisti

Zohra aveva 8 anni, gli occhioni grandi e pieni di speranza. Zohra era una trovatella pakistana, assunta – se di assunzione può parlarsi – da una coppia della città di Rawalpindi affinché prendesse cura del loro bambino e delle incombenze domestiche, in cambio di poter istruirsi.

È un qualcosa che già di per sé dovrebbe muovere a compassione qualsiasi individuo, figurarsi i benpensanti, pronti sempre a produrre hashtag e proteste in nome di qualche Dio che conoscono solo loro.

Non solo, però: la bambina, responsabile della fuga di 2 pappagalli dalla casa della coppia, è stata violentata e brutalizzata, al punto da essere ridotta in fin di vita. In seguito è stata condotta in ospedale, dove la sua situazione è apparsa subito disperata.

Lesioni sul viso, mani, cassa toracica, inguine e gambe: la poverina è morta pochi minuti dopo l’arrivo nella struttura ospedaliera. Il tutto non ha fatto scalpore, ma bisognerebbe comprendere la motivazione dal momento che in un mondo che vive di ipocrisia sorge il sospetto che questo argomento non sarebbe potuto essere utile alla narrativa libdem in vista delle presidenziali americane di quest’anno.

In realtà, questa tristissima storia non è così inusuale in Paesi dove la civiltà non è un dato acquisito, come in Pakistan. In questa terra lontana servì, nel 1995, la morte di Iqbal Masih per sensibilizzare l’opinione pubblica locale sul lavoro minorile nelle fabbriche e nelle miniere. Non più tardi di 4 anni fa, nel 2016, un’altra bambina, una cameriera di 9 anni, venne frustata e torturata dai suoi datori di lavoro, riportando danni permanenti agli arti inferiori.

Agli aguzzini venne inflitta una sanzione indegna: condannati a 3 anni, la pena venne ridotta ad 1 anno. Come se essere bambini, in Pakistan, significasse essere bestie da soma.

“Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che dovrebbero tenere in mano sono penne e matite”, affermava Iqbal, prima di essere ucciso dalla malavita pakistana.

Peccato che ai globalisti dalla lacrima facile questa storia abominevole non interessi. Non si possono fare hashtag su di essa, altrimenti ne verrebbe intaccata la campagna per le presidenziali USA 2020.

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