Biocarburanti: una soluzione innovativa per un trasporto sostenibile

Per definizione, un biocarburante è un combustibile la cui energia si ottiene attraverso il processo di fissazione biologica del carbonio. I biocarburanti, inoltre, possono essere prodotti attraverso reazioni chimiche controllate eseguite, in laboratori chimici industriali, sulle biomasse, ossia sulla materia organica (mais, olio di palma ecc.). La scienza moderna ha iniziato a studiare i biocarburanti quando si è scoperto che i combustibili fossili non sono eterni, il sopraggiungimento del surriscaldamento globale è solo un modo per velocizzare ed ottimizzare il processo.

I biocarburanti sono stati suddivisi in generazioni, in base alle scoperte effettuate. Le generazioni sono quattro e si parte dai composti organici semplici per giungere alla modificazione a livello genomico. Nel dettaglio abbiamo:

  • Prima generazione: indica i biocarburanti prodotti da materie prime agricole che sfruttano le stesse risorse dell’agroalimentare. La sua controindicazione maggiore però è quella di generare un grande divario nel mercato
  • Seconda generazione: Indica i biocarburanti prodotti con le biomasse ed i residuati agricoli
  • Terza generazione: indica i biocarburanti prodotti dalla fotosintesi di micro-alghe
  • Quarta generazione: indica i biocarburanti prodotti a seguito delle modificazioni a livello genomico di alcuni microrganismi. In pratica si trasformano acqua, zucchero ed anidride carbonica in biocarburanti. La particolarità di quest’ultima generazione è che non utilizza le biomasse vegetali e le loro successive modificazioni chimiche e biologiche.

Un tema importante che è salito alla ribalta una volta fuoriusciti questi studi è come smaltire il diossido di carbonio prodotto dai biocarburanti:  tecnicamente non può essere eliminato, ma il conseguente aumento della produzione di vegetazione dovuto ad un maggiore sfruttamento delle biomasse permette appunto alla nuova flora di assorbire il carbonio in eccesso e trasformarlo in ossigeno grazie al processo fotosintetico. Di seguito sono stati messi a confronto quattro combustibili fossili classici con altrettanti biocarburanti e sono state evidenziate le differenze principali:

BiocarburanteCombustibile fossileDifferenze
EtanoloBenzina/EtanoL’etanolo ha metà dell’energia dell’etano, è più “pulito” ma consuma più ozono, contribuendo alla formazione di smog
BiodiselDieselLe differenze energetiche sono minime, ma il Biodiesel corrode maggiormente i motori, ma brucia in maniera più pulita, producendo meno particolato e solfuri
MetanoloMetanoUn’unità di metanolo corrisponde a 1/3 di quella in metano, tuttavia è in forma liquida, quindi il costo di trasporto è molto minore
BiobutanoloBenzina/ButanoIl biobutanolo  produce valori leggermente inferiori del butano, ma si può usare su qualsiasi mezzo a benzina, senza modificare nulla strutturalmente

Altro aspetto importantissimo da evidenziare è come la politica Comunitaria e, successivamente, quella Nazionale, hanno trattato il tema biocarburanti ed in che modo questi influiscano oggi sull’emissioni di CO2 nell’aria; vista la quantità importante di denaro che bisogna investire per la produzione di biocarburanti, l’UE ha introdotto, all’interno di un piano pluriennale  a più vasta scala riguardante un’Europa più sostenibile, un regime d’investimento per la ricerca e la produzione di questi; tale piano prevede per l’Italia un investimento di circa 4,7 miliardi di euro, in un periodo che va tra il 2018 ed il 2022.

Al di là dei confini europei, molte aziende, specialmente multinazionali, stanno investendo in biocarburanti per dare nuova vita al loro settore: in particolare una multinazionale che si è spinta molto negli ultimi anni nella ricerca meticolosa di nuove fonti di combustibili ecologici è Petronas.

Il colosso malaysiano ha iniziato in anticipo rispetto alla concorrenza la ricerca su combustibili alternativi a quelli fossili. Per il 2020 infatti, la multinazionale ha riservato il 75% degli investimenti del settore r&s (ricerca e sviluppo) in lubrificanti alternativi, testati sulle mercedes in Formula 1 e sulle Yamaha in moto GP, e nella riduzione delle emissioni durante la fase di produzione.

Per concludere, le ricerche effettuate negli ultimi anni hanno sicuramente avuto un discreto successo, ma la strada è ancora molto lunga, perché ad oggi i maggiori beneficiari di queste tecnologie sono  piccoli enti o aziende locali, mentre per la grande produzione la strada è ancora tortuosa, visto che ad oggi sono ancora in vendita auto alimentate a combustibili fossili. A tal proposito, un altro modo in cui le città o le aziende locali possono sfruttare queste soluzioni bio è utilizzare i rifiuti per produrre gas ed energia elettrica; infatti ad avvalorare questa ipotesi, è il fatto che i termo-valorizzatori, impianti che smaltiscono rifiuti e li trasformano in energia, sono considerati fonte di energia rinnovabile in italia, quindi consentono a chi ne vuole costruire uno di accedere a fondi dedicati per diminuire l’ingente spesa iniziale.

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