Cesare Battisti: Un mosaico che attende di essere ultimato, ormai da troppo tempo

In questi giorni è tornata in auge, una situazione riguardante il nostro Paese (e non solo), che da oltre trent’anni, si fa fatica a comprendere e decifrare nel suo insieme.

Tale situazione ha un nome, ed anche un cognome: Cesare Battisti.

Il quadro storico e logico da completare, risulta essere molto articolato; ci stiamo pur sempre riferendo ad un arco temporale, ampio e ricco di avvenimenti.

Proviamo a fare un’opera di ripristino.

Il 18 dicembre del 1954, a Cisterna di Latina, nasceva Cesare Battisti.

Per quel che riguarda la sua famiglia, si può dire che era di matrice fondamentalmente operaia e legata agl’ideali del comunismo.

E’ proprio quest’ultimo aspetto che ci interessa, l’aspetto politico.

Difatti, fin da giovane, Battisti risultava essere molto incline a concetti riguardanti il “proletariato”; chiaramente prendendoli per la loro accezione più estrema.

I suoi primi reati venivano per l’appunto giustificati, con tale aspetto; egli li riteneva infatti: “espropri proletari”.

Ma perché ci interessa così tanto questa persona?

Negl’anni settanta (circa), in Italia ebbero luogo i cosiddetti “anni di piombo”.

Ci riferiamo ad un contesto, caratterizzato da uno scenario politico estremizzato e dilaniato.

Violenti scontri nelle piazze, stragi, e più in generale attentati, logoravano una nazione intera.

Possiamo riportare senz’altro: la strage di piazza Fontana a Milano nel 1969, dove morirono 17 persone con più di ottanta feriti (considerato l’evento di apertura dei c.d. “anni di piombo”).

Oppure la ben più nota, strage di Bologna (1980) dove morirono più di 80 persone.

Detto ciò, il soggetto che ci interessa faceva parte del gruppo terroristico “PAC” (Proletari Armati per il Comunismo).

Fu condannato a due ergastoli, aventi ad oggetto oltre che crimini legati al terrorismo, anche quatto omicidi.

Il 4 ottobre del 1981, Battisti riuscì ad evadere dal carcere di Frosinone; fuga resa possibile dall’aiuto di due complici.

Il terrorista si rifugiò in Francia, da latitante.

Ed è proprio qui che egli utilizzò un mezzo (per lui vincente) che segnerà un passaggio importante per questa “storia”.

In Francia, nel 1982 , fu adottata la dottrina Mitterrand (che prendeva il nome dal presidente francese in carica).

La posizione era molto chiara, la Francia si sarebbe potuta opporre a richieste di estradizione, riguardanti cittadini autori di crimini “inaccettabili” (termine utilizzato dallo stesso presidente Mitterrand).

I crimini intesi da questa dottrina erano per lo più crimini di stampo politico,commessi non contro la Francia.

Si trattava quindi di una scelta politica francese inerente il diritto d’asilo politico.

Facciamo delle precisazioni.

Che significa <<rifugiato>>?

La Convenzione di Ginevra del 28.7.1951 e il Protocollo del 31.1.1967 sui rifugiati (ratificati da 145 Stati, tra cui l’Italia), ci illuminano in tal senso.

L’art.1 di tale Convenzione afferma che, lo status di rifugiato spetta a chi teme che nel proprio Paese possa essere perseguitato per una pluralità di ragioni (l’articolo parla di razza, religione, nazionalità oltre che di opinioni politiche).

E’ l’art.33 (sempre della medesima Convenzione) però che ci dà un segnale chiaro circa questo status; difatti qui troviamo il principio del “non – refoulement” secondo cui il rifugiato non può essere espulso verso territori dove la sua vita o libertà sarebbe minacciata per i motivi appena menzionati.

Diciamo che oggi, la ricca prassi sui rifugiati ha sicuramente condotto ad un assorbimento nella figura del “rifugiato” a quella dell’ “diritto di asilo”.

Tali precisazioni, ci occorrono per aver ben chiara la dinamica di tutta la situazione che gira intorno al terrorista italiano.

Questo è il primo snodo cruciale della storia inerente Cesare Battisti.

Dopo la dottrina Mitterrand (abrogata nel 2002), fu un altro il mezzo che permise a Battisti di sfuggire, ancora una volta alla giustizia.

Più che un mezzo, una decisione politica vera e propria.

Dopo l’esperienza francese, Battisti decise di rifugiarsi in Brasile.

In questo lasso di tempo, c’è da dire che l’immagine dell’terrorista, cambiò radicalmente, per via della sua attività di scrittore.

Questo “cambiamento” non fu fine a sé stesso, difatti furono numerosi i movimenti sorti per solidarietà al criminale italiano.

Nel 2007 venne arrestato a Copacabana; sulle sue tracce, c’erano oltre che le autorità italiane, anche i servizi segreti francesi.

Sembrava essere l’epilogo di un inseguimento durato più di vent’anni.

Però c’era un ultimo ostacolo da superare, per attuare il procedimento di estradizione in Italia di Cesare Battisti; ovvero il Presidente del Brasile, Luiz Inàcio Lula.

Difatti nel 2010, il Presidente Lula concesse lo status di “residente permanente” al terrorista, negandone l’estradizione.

Questo fu un duro colpo per l’Italia, perché tale decisione bloccò drasticamente la vicenda e l’intero iter, inerenti l’ ex militante dei PAC.

Torniamo ai giorni nostri; perché questo tema è tornato così tanto alla ribalta?

Il 28 ottobre 2018, viene eletto il nuovo Presidente del Brasile, Jair Bolsonaro (carica che assumerà a partire dal 1 gennaio 2019) .

La sua linea di pensiero, riguardo la vicenda Battisti è abbastanza drastica. Sembra esserci la volontà di rivedere l’atto di Lula e dunque aprire le porte all’estradizione.

Il 13 dicembre, il giudice supremo del Tribunale Federale, Luis Fux ha emesso un ordine d’arresto, proprio nei confronti del criminale.

Il motivo di tale ordine è evitare il rischio di fuga, e lavorare su una eventuale estradizione, per l’appunto.

Come si evince, la storia di Cesare Battisti è veramente un mosaico estremamente difficile da ricomporre, avendo chiara la situazione di per sé.

Questo articolo ha come finalità quella di dare delle linee guida al lettore, per avere almeno un prospetto il più possibile unitario su una vicenda che di unitario ha ben poco.

Alla luce di tutto ciò, sono molte le domande che sorgono.

L’Italia ha veramente fatto tutto il possibile per consegnare Battisti alla giustizia?

Oppure è stata vittima di sotterfugi politici?

Si tratta di una situazione figlia di un’anomalia di sistema, sul piano normativo?

O non c’è mai stata la concreta volontà di catturarlo?

Insomma, le domande sono tante (le domande rimangono tali e non sono insinuazioni) e le risposte sono praticamente nulle.

La speranza è quella di chiudere una pratica che ormai dura da troppo tempo e che ha sicuramente danneggiato l’immagine di un Paese come l’Italia a livello di credibilità, più di quanto abbia già fatto la politica interna.

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