Distanziamento sociale o distanziamento fisico? Siamo nati per stare insieme, con i nostri dovuti “distanziamenti” di solitudine

La prassi di sanificazione personale oramai è diventata quotidianità. Ogni giorno affrontiamo l’uscita dal portone di casa con le dovute precauzioni: mascherina, gel igienizzante, guanti (per i più scrupolosi) e si affronta la giornata.

Abbiamo fatto della mascherina un accessorio modaiolo, entrato a far parte stabilmente del nostro modo di essere. Spesso e volentieri, infatti, la forma ed il colore del dispositivo di sicurezza ricalcano le caratteristiche di base dell’individuo che lo indossa. Siamo cambiati.

Questa nuova quotidianità, involontariamente, traghetta l’individuo verso un diverso approccio con il mondo esterno. Il Covid-19 ha creato barriere, lontananza, raffreddamento. Un nemico aggressivo, alle volte mansueto, silente ma veloce, ha costretto uomini e donne del XXI secolo a fare i conti con un presente distante anni luce dalla vicinanza sociale ordinaria. Siamo consapevoli.

La pandemia ha imposto arrogantemente il suo vocabolario che si sostanzia in un concetto fondamentale: il distanziamento.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sostiene a tal proposito che vada superato, in questo tempo di pandemia, il concetto di “distanziamento sociale” a favore del concetto di “distanziamento fisico”.

È per questo che da quasi un anno la prossemica dei rapporti sociali ha subito una battuta d’arresto: niente più baci, abbracci ed attimi di ravvicinata convivialità. Rare e quasi sconvenevoli oramai sono diventate le occasioni di vicinanza, poiché la limitazione dei contatti riduce le probabilità di contrarre il Covid-19 e di trasmetterlo a qualcun altro. Siamo informati.

Il canonico aperitivo anticipato di qualche ora, o la merenda nuova occasione goliardica, sembrano quasi momenti trasgressivi e controcorrente.

La vera battaglia da combattere, dunque, è quella contro il distanziamento sociale. La socialità è un concetto positivo in grado di mantenere alto il benessere psicofisico. Errato è il connubio del termine socialità con un concetto negativo: le persone possono e devono rimanere connesse pur non essendo nella stessa stanza.

Tale prospettiva ha aperto parallelamente le porte al pieno passaggio ed alla piena consapevolezza dell’era della digitalizzazione: oggi anche i nonni si sono buttati nella frizzantezza di una videochiamata per salutare parenti ma soprattutto nipotini. Il bisogno di socialità non si arresta, fa fatica ad estinguersi e non si dà per vinto.

Questo virus ci ha resi fragili, malinconici, tristi, ha dato ad ognuno la consapevolezza ed il coraggio di sfidare (con mascherina e disinfettante alla mano!) la paura della malattia per non perdere i contatti con la realtà. Per questo si cantava sui balconi, mettendo da parte la timidezza; si passeggiava sotto casa dei nonni, per un saluto alla finestra e si chiamavano “vecchi amici” per ritrovare socialità. Siamo nostalgici.

Ezio Bosso nell’ultima intervista due giorni prima di morire (consegnata a RaiNews24 e raccolta da Fausto Pellegrini), dichiarò: “Io sto cercando di fare le mie solite battaglie sorridenti con un cambio di lessico: un conto è il distanziamento di sicurezza, ma il distanziamento sociale è una brutta espressione. È pericoloso parlare di distanziamento sociale perché poi porta all’isolamento sociale e fa perdere l’umanità. Una delle nostre funzioni di uomini che si occupano degli altri è quella di dare sì delle regole, ma di ricordare a tutti che siamo nati per stare insieme, con i nostri dovuti momenti di solitudine”.

Non bisogna abbandonarsi: “l’uomo è un animale sociale in quanto tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società” come scrisse il filosofo greco Aristotele, dobbiamo esserne consapevoli. Ritroviamoci.

Saremo Distanti Ma Uniti anche a Natale, per antonomasia festa della famiglia, e sarà anomalo: risparmiamo qualche abbraccio e la tombolata con la nonna, mancano pochi giorni al 2021…e come si dice? Anno nuovo vita nuova. Siamo positivi (…nello spirito!)

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