Un ulivo per i curdi

Ancora una volta la Turchia di Erdoğan colleziona una delusione per il mondo democratico nascondendosi dietro il concetto di “turchicità” (identità turca) contro i curdi e gli armeni. E i politici non sono esentati da tutto ciò, anzi …

La questione dei Curdi ha origini remote e nel corso degli anni ha dovuto difendersi, fin da subito, dai ripetuti tentativi egemonici arabi, persiani, turchi, per custodire una propria cultura e lingua. Le loro speranze furono alimentate dalle potenze vincitrici del Primo Conflitto Mondiale, ma subito mortificate rimanendo semplicemente principi vani e privi di qualsiasi realizzazione concreta. Dal 1920, trattato di Sévres, al 1923, (trattato di Losanna), le speranze si tramutarono in amara delusione perché la Turchia, dichiarato ormai stato indipendente e sovrano, non riconosce la libertà dell’Armenia e del Kurdistan. Le potenze occidentali spartirono il Medio Oriente in quattro stati ed i Curdi divennero all’interno di questi minoranze «non riconosciute» – fatta eccezione per l’Iraq – sulle quali si è esercitata una continua ed oppressiva politica d’assimilazione con Atatürk.

La questione curda tenta di risollevarsi con il presidente Turgut Özal, negli anni ’90, di origine curde. Nel frattempo, i suoi connazionali avevano formato un partito negli anni ’80 – il PKK (Partito dei Lavoratori Curdi) – di ispirazione marxista guidato da Abdullah “Apo” Öcalan contro il governo centrale di Ankara come strumento di insurrezione armata per ottenere l’indipendenza del Kurdistan. Attualmente in esilio sull’isola – prigione di İmralı dal 2002 – continua sempre a sostenere la causa del paese chiedendo anche soluzioni pacifiche tra Turchia e Kurdistan. Nel marzo del 2005 ha rilasciato la Dichiarazione di Confederazione Democratica in Kurdistan, in cui ha richiesto una confederazione libera da confini tra le regioni curde della Turchia, della Siria, Iraq e dell’Iran. In questa zona verrebbero utilizzati tre diversi sistemi legislativi: quello europeo, quello dei quattro stati e quello curdo. Nel 2006, tramite il suo legale, ha rilasciato la dichiarazione secondo cui il PKK non doveva andare allo scontro armato se non necessario, ma dialogare per costruire un’unione democratica tra turchi e curdi.

Un’ideologia che, tutt’oggi, non riesce a prendere il sopravvento perché oscurata dalla fama di potere dal partito di Erdoğan. Come Leyla, anche la nipote di Öcalan – Dilek Öcalan – è stata arrestata e condannata per aver sposato la causa dello zio: appartenente al Partito Democratico dei Popoli (Hdp) dal 2015 ed eletta come deputata al Parlamento turco, nel 2018 è stata condannata per atti di terrorismo solo per aver parlato ad un funerale. Incredibile, sembra che il dono della parola non sia lecito se non appartieni all’AKP!

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