Correva il 10 gennaio 2020, quando iniziavano il mandato Lucia Azzolina e Gaetano Manfredi, rispettivamente Ministro dell’Istruzione e Ministro dell’Università e della Ricerca.
Il loro incarico non era certo tra i più semplici; raccogliere l’eredità di ministri del calibro di Gentile, di Moro, della Falcucci, di De Mauro non è stato un compito facile nell’ultimo ventennio in Italia e poche settimane dopo l’inizio del 2020, la pandemia Covid-19 ha completamente destabilizzato le politiche mondiali.
Forse, ciò che il mondo legato all’istruzione chiedeva non erano grandi riforme che non hanno mai veramente preso piede in Italia, ma una comunicazione chiara che evitasse di gettare nel panico giovani studenti, genitori preoccupati e un corpo docenti ormai allo stremo delle forze.
La DAD, doveva essere l’opportunità per garantire sicurezza e contemporaneamente, rilanciare il rapporto istruzione-digitalizzazione che in Europa classifica l’Italia agli ultimi posti. È fondamentale, per via degli scarsi rendimenti, sfruttare i fondi del Recovery plan: nella Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentata dall’ormai ex Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte si legge infatti come «gli impatti diretti sulle nuove generazioni sono presenti in tutte le missioni e in particolare in quella dedicata a “Istruzione e ricerca”: dal contrasto all’abbandono scolastico alla digitalizzazione della didattica».
Le innumerevoli riforme previste necessitano di tecnici che sappiano come indirizzarle nella maniera corretta. Ecco che la scelta del Presidente incaricato Draghi assume ancora più valore quando si leggono i nomi dei “tecnici” Patrizio Bianchi e Cristina Messa, rispettivamente Ministro dell’Istruzione e Ministro dell’Università e della Ricerca.
«Forse sarebbe stato utile dare spazio, favorire un dibattito intorno al testo. Credo, senza polemiche, che sia mancato» queste le parole del Bianchi in merito al testo su cui aveva lavorato arduamente per la riapertura delle scuole nel settembre scorso. Un testo che la ministra Azzolina ha deciso di “sequestrare” e lasciare nella cattedra senza dargli conto, nonostante il tema della ripresa della scuola sia stato proprio uno degli argomenti su cui le critiche sono state più veementi.
«Dobbiamo fare una scuola nuova», queste le prime parole del neoministro dell’istruzione che, secondo la sua grande esperienza internazionale, porterà finalmente nella scuola italiana quell’aria europea che non è mai riuscita ad assimilare.
Martina Santamaria, de L’Espresso, scrive «se gli studenti delle scuole secondarie lamentano la scarsa chiarezza o la poca lungimiranza dei provvedimenti attuati e il logorante apri e chiudi delle scuole, gli universitari non sanno nemmeno di cosa lamentarsi e con chi».
Durante gli innumerevoli discorsi alla Nazione, nonché nei numerosi DPCM, venivano a mancare tutti i riferimenti per gli universitari che l’unico chiarimento che hanno ricevuto è quello relativo al pagamento delle tasse che se non per qualche cambiamento in termini di spostamenti o leggere riduzioni, sono state sempre presenti. Il ministro Manfredi, non lascia dietro di sé alcuna critica o complimento lavorando un anno pressoché passato come gli universitari: all’ombra.
«Io credo di essere la prova che sia possibile per una donna fare carriera in un mondo maschile e maschilista come l’università», queste le parole di Maria Cristina Messa, neoministra dell’Università, a Repubblica. Prima donna ad essere a capo di un’università milanese, guidando la Bicocca dal 2013 al 2019, valorizzando ricerca e innovazione non tralasciando il territorio. Nel 2014 ha ricevuto il premio Marisa Bellisario, «Donne Ad Alta quota», un riconoscimento che annualmente è rivolto alle donne che si distinguono per la loro professionalità nei campi del management, delle scienze, economia e attività sociali, sia a livello nazionale che internazionale.
La Dottoressa Messa è stata tutto fuorché all’ombra delle problematiche legate all’uguaglianza di genere in campo lavorativo, didattico e sociale. Nel PNRR più volte viene citata l’importanza della parità di genere come «condizione essenziale per progredire sul piano di una effettiva e sostanziale parità di genere è innalzare l’occupazione femminile, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo».
Le scelte del Presidente incaricato Draghi sembrano molto oculate e di chiara spinta internazionale, ciò che resta da capire è se riusciranno a superare l’ombra dei nonni, evitando di seguire l’esempio dei padri e ricordarsi degli studenti che potrebbero non avere più un occasione simile come quella offerta dai fondi europei.