Il vaticanista: a Benedetto XVI, cooperatore della verità, una liturgia simbolo di commiato e di rinascita in Cristo

Sua santità il Papa Emerito Benedetto XVI è morto alle nove e trentaquattro dell’ultima mattina, fredda e severa, dell’anno 2022. Austero e severo, discreto e dignitoso, dopo una lunga malattia, dopo un lungo pellegrinaggio terreno, speso, o meglio investito, come “umile servitore nella vigna del Signore”. La fine di un anno, la fine di un’era, l’inizio di una nuova vita in Cristo Risorto.

I papi dimissionari

Nella lunga e bimillenaria storia della Chiesa Romana, fra oltre 266 Pontefici, solo otto o forse dieci – a seconda delle interpretazioni – hanno rinunciato o sono stati deposti  dal Munus Petrinus. L’ultimo a vivere tale sorte fu Gregorio XII. Così, come ricorda il Bevilacqua (cfr. Giacinto Bevilacqua, Gregorio XII, l’ultimo papa dimissionario, disse messa a Prata prima di lasciare, in Messaggero veneto, 28 febbraio 2013) Benedetto ha osato ciò che per 598 anni nessuno aveva osato fare: rinunciare per dimissione personale al ministero del soglio pontificio, dopo i pontefici Clemente IPonzianoSilverioBenedetto IXGregorio VI e Celestino V e Gregorio XII, che vi rinunciò roccambolescamente nel 1415, per poi morire due anni dopo.

Sulla vita di Ratzinger ho potuto scrivere, proprio in occasione della pubblicazione di una delle ultime mastodontiche biografie. In particolare mi riferisco a quella di Peter Sewald “Benedetto XVI, una vita”, e ho osato definirlo Benedetto “Magno”, “il Grande”, nell’articolo edito su “Lanterna” a mia firma (clicca qui per leggerlo).

Un rito senza precedenti

La Santa Chiesa di Roma non ha quindi mai regolamentato per norma o cerimoniale un rito per la sepoltura e le esequie di un Papa Emerito, vigerà quindi il principio normativa della analogia, corretto dai principi teologici e canonici che regolano la figura del Pontefice, e si seguirà un iter di sepoltura sostanzialmente analogo a quello dei suoi predecessori. Mancherà un Conclave, stante il Pontefice Regnante Francesco.

“Vere Papa mortuus est”, la constatazione della morte di Benedetto XVI, non è chiaro se è avvenuta ad opera del Camerlengo come nel caso del Papa regnante, la rimozione e frantumazione dell’anello piscatorio era verosimilmente già avvenuta.

Questo è il dettaglio più insolito ma di certo coerente con la procedura liturgica: l’Anulus piscatoris è la più emblematica delle insegne papali, che si riceve durante la messa solenne di inizio pontificato e che viene indossata all’anulare destro. Benché le sue forme siano discrezionali, una cosa è certa, esso è fortemente legato al Munus pontificale. L’anello di Benedetto sarà stato forse distrutto a seguito del Conclave del marzo 2013 in cui è stato eletto Vescovo di Roma Jorge Mario Bergoglio, che si è imposto il nome di Francesco. Parrebbe che Benedetto non abbia però più indossato tale anello dalla sera del 28 febbraio 2013, alle ore 20, orario della decorrenza delle sue dimissioni.

Il lutto e la vestizione

Il lutto è stato suonato anzitutto dalle Campane della Basilica di San Pietro in Vaticano, il corpo di Joseph Aloisius Ratzinger è stato poi traslato nella Cappella Sistina accompagnato in una prima processione funebre dai Signori Cardinali e dai più alti prelati e funzionari della Santa Sede, è seguita l’imbalsamazione, la vestizione è stata compiuta coi paramenti bianchi di pregiati tessuti di seta, l’amitto, il camice e la stola presbiterale sono i vestiti tipici della santa Messa, ad esse si uniscono la tunicella e la casula, entrambe di colore rosso, ad indicare il lutto papale, diverso dal viola o dal nero, tipico del lutto laico, e dalla veste bianca, con cui si vestono le salme dei preti, sul capo di Benedetto è stata posta una mitra bianca aurifregiata che richiama alla sua funzione di ex Papa. In tutti questi paramenti vi è la completezza dei tre gradi dell’ordine sacerdotale (il diaconato, il presbiterato e l’episcopato). Le scarpe non sono rosse, ma nere; il rosario che tiene fra le mani imbalsamate porta lo stemma pontificio di Benedetto, insieme a una croce pastorale utilizzata dai suoi predecessori Papa Montini e Wojtyla, essa però è solo richiamata nella corona del rosario, poiché manca al suo fianco la croce pastorale astile così come il pallio, che dovendo indicare la giurisdizione degli Arcivescovi metropoliti, che egli aveva guadagnato con le tre nomine e per tre volte come Arcivescovo di Monaco Frisinga, come Decano del Sacro Collegio Cardinalizio, come Sommo Pontefice. Ciò a indicare che egli non aveva più funzioni di Governo della Chiesa. Al dito veste l’anello episcopale che ha indossato nel periodo di emeritato.

Le spoglie del Papa Emerito Benedetto XVI hanno riposato presso il Monastero Mater Ecclesiae fino alla prima mattina di lunedì 2 gennaio; non sono state previste visite ufficiali o preghiere pubbliche. Nello stesso giorno, a partire dalle ore 9, come ha recato la Santa Sede, la salma è stata esposta per la visita dei fedeli nella Basilica di San Pietro. Dietro di essa, un presepe, che richiamava alla Natività appena celebrata, ed un Albero di Natale, quello che lui stesso definì «un significativo simbolo del Natale», che «con le sue foglie sempre verdi richiama la vita che non muore». (Cfr. Lucia Graziano, “L’albero di Natale vicino alla salma di Benedetto XVI? Ha più senso di quanto credi.” Ed. Aleteia, 2/1/23)

Non si terranno i novendiali, il lungo rito esequiale della Chiesa

Le esequie giovedì 5 gennaio 2023, celebrate dal Papa Regnante Francesco. Non si svolgeranno i novendiali, da “novem dies”, i nove giorni del periodo di lutto che seguono i funerali del Pontefice Emerito. Al termine della Celebrazione Eucaristica avranno luogo l’Ultima Commendatio e la Valedictio. Come prescrive il rituale romano, l’ultima raccomandazionesi sostanzia nell’aspersione con l’acqua benedetta, l’incensazione con il turibolo, ed infine l’orazione sulla salma che sarà questa: «Noi affidiamo alla terra il corpo mortale del nostro fratello (e Tuo Servo) nell’attesa della sua risurrezione; accolga il Signore la sua anima nella comunione gloriosa dei santi; apra egli le braccia della sua misericordia, perché questo nostro fratello, redento dalla morte, assolto da ogni colpa, riconciliato con il Padre, e recato sulle spalle dal buon Pastore, partecipi alla gloria eterna nel Regno dei cieli». La Valedictio, invece, è l’ultimo saluto, mutuato dalla parola “Vale”, saluto latino della Roma Antica, che corrisponde ad un nostro semplice “ciao” unito al voto augurale di “star bene”. Anch’esso però nella liturgia ha una formula precisa: «Venite, santi di Dio, accorrete, angeli del Signore. Accogliete la sua anima e presentatela al trono dell’ Altissimo. Ti accolga Cristo, che ti ha chiamato, e gli angeli ti conducano con Abramo in paradiso. Accogliete la sua anima e presentatela al trono dell’ Altissimo. L’eterno riposo donagli, o Signore, e splenda a lui la luce perpetua. Accogliete la sua anima e presentatela al trono dell’ Altissimo». Dopo queste parole, mai come oggi algide, meravigliose e tremende, il feretro del Sommo Pontefice Emerito sarà portato nella Basilica di San Pietro e quindi nelle Grotte Vaticane per la tumulazione,  la sua salma imbalsamata posta dall’inizio delle esequie in una bara di legno, verrà poi sepolta nelle Grotte Vaticane, in quella che fu la tomba di Giovanni Paolo II, oggi traslato nella parte superiore della Basilica più importante al mondo.

Un tempo di comunione per la Chiesa ed il mondo

È questo un tempo di preghiera, unione e Grazia spirituale per l’intera Chiesa, dal Papa, al Sacro Collegio, ai Vescovi, i Presbiteri, i  Diaconi, i religiosi e fino ai laici, così come per il mondo intero: messaggi di cordoglio di Re e Regine, visite alla salma da parte di Capi di Stato e di Governo, primi fra tutti il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella ed il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, così come saranno presenti le Delegazioni ufficiali della Repubblica Italiana e della Repubblica Federale di Germania.

Infatti, mentre la mia penna scrive, sono già stati oltre 150mila i fedeli che hanno reso omaggio al feretro di Benedetto XVI, si attendono domani moltitudini di persone che pervaderanno l’intera Città del Vaticano e l’Urbe Romana. All’odierna udienza generale, Papa Francesco ha ricordato il suo predecessore così: “Prima di iniziare questa catechesi vorrei che ci unissimo a quanti, qui accanto, stanno rendendo omaggio a Benedetto XVI e rivolgere il mio pensiero a lui, che è stato un grande maestro di catechesi.

Il suo pensiero acuto e garbato non è stato autoreferenziale, ma ecclesiale, perché sempre ha voluto accompagnarci all’incontro con Gesù. Gesù, il Crocifisso risorto, il Vivente e il Signore, è stata la meta a cui Papa Benedetto ci ha condotto, prendendoci per mano. Ci aiuti a riscoprire in Cristo la gioia di credere e la speranza di vivere”.

Una scena che si ripete

Domani, 5 gennaio 2023 si ripeterà e si rivivrà quanto avvenne l’8 aprile 2005, quando vennero celebrati i funerali di Papa Giovanni Paolo II, dinanzi a una folla senza confini, “in una Roma silenziosa, stretta intorno al Suo Vescovo”, innanzi a tutti i più importanti Sovrani, Capi di Stato e di Governo della terra e alla “sconfinata ammirazione del mondo”. Domani tornerà, per l’ultima cerimonia su questa terra, tornerà -sì- il nostro “custode inflessibile della dottrina cattolica, il panzer kardinal”, per molti di noi Benedetto XVI ha rappresentato la garanzia e la salvezza intellettuale della Chiesa in un tempo di incertezza e confusione.

Il Cooperatore della Verità, che per qualcuno era “amato o odiato, mai indifferente, crociato e santo” (cfr. Servizio di A. Boiardi dell’epoca della sua elezione), spesso lo abbiamo sentito dire che a lui i giudizi non interessavano, lui che si è definito una piccola “parentesi nella strada verso la Verità”, che è Dio. E mentre diciotto anni fa, in piazza San Pietro, i fedeli gridavano “Santo, Santo” rivolgendosi alla figura immensa di Giovanni Paolo II, io sono personalmente convinto che quando capiremo a pieno la  figura umana e sacerdotale di Joseph Ratzinger, lo invocheremo Dottore della Chiesa, lo chiameremo “Benedetto Magno”. Non vi sono conclusioni per questo mio pezzo, se non il più intimo e profondo documento che egli abbia mai scritto “Il Testamento spirituale del Papa Emerito Benedetto XVI”, lo riporto integralmente in calce, indegni -come siamo- di qualsiasi ultima parola.

A Dio, Benedetto XVI, Cooperatores veritatis.


Testamento spirituale del Papa Emerito Benedetto XVI -29 agosto 2006 -Il mio testamento spirituale

Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene.

Ringrazio i miei genitori, che mi hanno donato la vita in un tempo difficile e che, a costo di grandi sacrifici, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica dimora che, come chiara luce, illumina tutti i miei giorni fino a oggi. La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segnavia è stata sempre salda in mezzo a tutte le mie acquisizioni scientifiche; la profonda devozione e la grande bontà di mia madre rappresentano un’eredità per la quale non potrò mai ringraziare abbastanza. Mia sorella mi ha assistito per decenni disinteressatamente e con affettuosa premura; mio fratello, con la lucidità dei suoi giudizi, la sua vigorosa risolutezza e la serenità del cuore, mi ha sempre spianato il cammino; senza questo suo continuo precedermi e accompagnarmi non avrei potuto trovare la via giusta.

Di cuore ringrazio Dio per i tanti amici, uomini e donne, che Egli mi ha sempre posto a fianco; per i collaboratori in tutte le tappe del mio cammino; per i maestri e gli allievi che Egli mi ha dato. Tutti li affido grato alla Sua bontà. E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale sempre ho visto trasparire lo splendore del Creatore stesso. Ringrazio la gente della mia patria perché in loro ho potuto sempre di nuovo sperimentare la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra resti una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi distogliere dalla fede. E finalmente ringrazio Dio per tutto il bello che ho potuto sperimentare in tutte le tappe del mio cammino, specialmente però a Roma e in Italia che è diventata la mia seconda patria.

A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono.

Quello che prima ho detto ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità. Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.

Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera.

Benedictus PP XVI

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