Istruzione: la febbre del taglio e la lezione di economia di Fusacchia

Una volta, Giulio Tremonti disse: “Con la cultura non si mangia”. Ha cercato poi di smentirsi diverse volte, e chissà che l’uscita infelice non sia stata soltanto una frase decontestualizzata e una carta ben giocata da un team di giornalisti abili. Siamo così abituati all’idea dei “tagli sull’istruzione” da saltare come molle sulle sedie appena ne subodoriamo la possibilità. D’altronde, i nostri figli, a volte, frequentano scuole senza carta igienica e non a norma, dove la lavagna elettronica è un miraggio e la fornitura di gessetti un piccolo miracolo quotidiano.

La scorsa settimana, il Corriere della Sera ha lanciato, sul tema istruzione, una bomba paragonabile all’uscita infelice di Tremonti. Hanno seguito la testata, a ruota, Orizzonte Scuola e Tecnica della Scuola, due siti di informazione che costituiscono il vademecum di tantissimi docenti italiani. All’improvviso, è spuntato fuori un ipotetico taglio di 3,9 miliardi sulla primaria, sulla secondaria e sul sostegno. Toni tragici, rabbia dilagante, invettive: all’inizio sembrava che non ci fossero, letteralmente, i soldi per tenere aperte le scuole. Oltretutto, la notizia sembrava totalmente in contraddizione con l’istituzione recente di un TFA sostegno per abilitare nuovi docenti e reclutarli, poi, tramite concorsi.

Bianca Maria Granato, senatrice del movimento Cinque Stelle, si è affrettata a dichiarare che il taglio non esiste, dal momento che la notizia è stata diffusa senza tenere conto dei cosiddetti posti in deroga (ovvero, delle supplenze su posto comune e sostegno, che vengono assegnate all’inizio di ogni anno scolastico con contratti che vanno dal 1 settembre al 30 giugno).

Chi, invece, ha spiegato ancor meglio la situazione sulla sua pagina Facebook è stato Alessandro Fusacchia di PiùEuropa, che ha dimostrato che, per fare comunicazione corretta, è necessario circostanziare il dato principale con qualche concetto in più.

È vero, ci dice Fusacchia, che i posti in deroga non sono stati contati nella legge di bilancio; va però sottolineato che non sono stati contati esclusivamente nel secondo e terzo anno delle previsioni della legge di bilancio.

Ecco perché sembra che ci siano dei tagli nel corso del triennio: le spese per il personale scolastico e Ata, per il sostegno e per gli interventi di integrazione per studenti con difficoltà tendono, apparentemente,  a diminuire. Con un gesto ammirevole, Fusacchia spiega anche, a noi comuni mortali, perché nella legge di bilancio si verifichi questa costante: perché la questione supplenze è affare non solo del MIUR, ma anche del MEF. Questo, in soldoni, non solo comporta ritardi negli stipendi dei supplenti (è il caso di dirlo), ma significa anche che, negli anni, c’è stata una significativa difficoltà nel definire stabilmente il peso economico di questi contratti di lavoro a tempo determinato. Lo definisce, Fusacchia, un vero e proprio braccio di ferro tra MEF e MIUR.

Questi posti ci servono, e ci servono stabilmente: non è detto che ci siano i soldi per bandire un concorso pubblico, ma in qualche modo lo Stato deve provvedere a garantire il diritto allo studio. Perciò, facendo leva sui soldi delle due mensilità lasciate scoperte da questi contratti (luglio e agosto), il MIUR si è battuto per rendere stabile la copertura economica necessaria per finanziare questi posti di lavoro. Il MEF per un po’ ha fatto orecchie da mercante, perché si ragionava contando 12 mensilità invece di 10 e non considerando che, di fatto, quella dei supplenti è una spesa che è effettivamente costante ogni anno. Una bella differenza, in termini di conti e bilanci.

Alla fine, al MEF è stato chiarito che la contabilizzazione dei posti in deroga era sempre stata portata avanti in modo erroneo a causa di questi due equivoci, ed ecco come la legge di bilancio formalizza la questione: i fondi relativi ai posti in deroga sono contabilizzati solo per il primo anno del bilancio triennale. Questo è il motivo per cui sembra che ci siano tagli e riduzioni per i due anni successivi sulle voci relative all’istruzione obbligatoria e al relativo personale.

In questo modo, la giustificazione di Bianca Maria Granato è comprensibile; certamente, però, se nelle altre voci relative al comparto istruzione ci sono tagli (l’edilizia scolastica, ad esempio, perde molto), questo non può essere spiegato con la situazione fluida delle supplenze…

Resta da capire che cosa deciderà il governo nella prossima legge di bilancio; per allora, avendo fatto tesoro delle spiegazioni di Fusacchia, potremo valutare le scelte di governo in modo più lucido.

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