La carriera di Giorgio Napolitano, primo Presidente “bis” della Repubblica italiana

È scomparso uno dei più importanti uomini di Stato italiani, Giorgio Napolitano, che ci ha lasciato ieri sera all’età di 98 anni. La sua morte rappresenta la fine di un’era, un capitolo importante della storia politica dell’Italia che rimarrà impresso nelle menti di molti.

Nato il 29 giugno 1925 a Napoli, Napolitano ha intrapreso una carriera che si è estesa per più di sei decenni, segnando profondamente il corso della politica. Il suo impegno e la sua dedizione al servizio pubblico hanno guadagnato l’ammirazione di molti, sia in patria che all’estero. Benché fosse una figura di spicco del Partito Comunista Italiano, al tempo chiuso ideologicamente dentro una mentalità di dipendenza esterofila, tuttavia non ha mai nascosto il suo interesse verso l’America, soprattutto negli anni della maturità politica avanzata, e verso l’Europa, dopo la costituzione dell’UE. Tant’è, si vocifera, che il suo interesse verso Ovest (e le sue conoscenze della lingua inglese, al tempo non scontate come oggi) abbiano fatto sì che gli fosse preferito Berlinguer, dopo la morte di Togliatti.

Napolitano iniziò la sua carriera politica nel secondo dopoguerra, quando aderì al Partito Comunista Italiano (PCI) e divenne attivo nel movimento sindacale. La sua abilità nel tessuto politico e le sue doti di leadership lo portarono rapidamente ad emergere come figura di spicco all’interno del PCI, diventando segretario regionale del partito a Napoli nel 1953. Durante gli anni ’70 e ’80, Napolitano giocò un ruolo cruciale nel riformare il PCI, malgrado la transizione verso un modello di sinistra più “occidentale” non sia avvenuta sotto la sua egida, spingendo per un allontanamento dal comunismo ortodosso e per una maggiore apertura verso il sistema democratico italiano. Questo cambiamento di rotta fu segnato dalla svolta della “Bolognina,” un documento che sottolineava la necessità di riforme democratiche all’interno del PCI. Nel 1992, con il crollo del comunismo in Europa, il PCI si trasformò nel Partito Democratico della Sinistra (PDS), e Napolitano divenne uno dei suoi leader più influenti. Continuò a sostenere la necessità di una sinistra riformista e democratica, contribuendo al processo di democratizzazione dell’Italia. Nel 1996, Napolitano divenne Presidente della Camera dei Deputati. La sua profonda conoscenza delle leggi e delle istituzioni italiane lo resero una figura di riferimento all’interno del Parlamento. La sua carriera culminò con l’elezione a Presidente della Repubblica Italiana nel 2006, un incarico che ricoprì per ben due mandati consecutivi fino al 2015. Durante il suo mandato presidenziale, Napolitano giocò un ruolo fondamentale nel garantire la stabilità politica dell’Italia in momenti di crisi e incertezza, anche se fu criticato per alcune posizioni assai interventiste – fu il primo a sdoganare una sorta di semi presidenzialismo dal Quirinale – e per dei retroscena relativi alla caduta del governo Berlusconi IV.

Napolitano era noto per la sua profonda cultura politica, la sua eloquenza e la sua capacità di mediare tra diverse fazioni politiche. Era rispettato sia a livello nazionale che internazionale. La sua morte lascia un vuoto profondo nella politica italiana. Il suo impegno per la democrazia e per l’unità nazionale rimarranno un faro per le generazioni future di politici italiani, soprattutto per coloro i quali vorranno provare a ricostruire un fronte socialdemocratico, che in Italia oggi manca e rende inopponibile, agli occhi di chi ne abbia da ridire, la maggior parte delle scelte del governo di centrodestra.

Alla fine del suo lavoro, dopo il secondo mandato, rimase un po’ di amarezza perché i partiti, che egli aveva ripreso con voce dura nel corso del secondo discorso di insediamento, non furono in grado di mantenere un bipolarismo come da lui sperato, basato su alternanza e legittimazione vicendevole. Ha guardato con giudizio critico ai nuovi protagonisti della politica, in continua nascita, sotto la lente dell’europeismo. Non sappiamo se sia prevalsa delusione o fiducia; tuttavia, al netto delle polemiche, è stato un Presidente che verrà ricordato con favore in futuro.

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