La Turchia sempre più vicina alla Russia

29 maggio 2021, Minsk: viene arrestato il giornalista Roman Protasevich che è dell’opposizione al governo di Lukashenko. La Bielorussia ha trovato un alleato inaspettato in questa sua decisione, oltre la Russia: la Turchia. Secondo l’agenzia Reuters, Ankara ha addolcito il testo di una dichiarazione rilasciata dai 30 membri della NATO per condannare il dirottamento del volo Ryanair FR4978. Doveva atterrare in Grecia, ad Atene, in realtà ha concluso la sua tappa a Minsk. A rischio la cooperazione tra la Nato e la Bielorussia. 

Per molti ancora non è chiara la presa di posizione della Turchia: si pensa sia una dimostrazione di vicinanza nei confronti della Russia che è a sua volta un’alleata della Bielorussia. D’altronde, Erdoğan ha sempre voluto mostrarsi alleato e fedele a Putin per non essere nemici nella conquista dell’Oriente. E poi l’antico impero ottomano è conosciuto per le varie vessazioni nei confronti di giornalisti e politici contro il governo regnante.

Ma chi è Roman Protasevich?

26 anni, ha studiato giornalismo all’università statale della Bielorussia (da cui fu espulso dopo aver partecipato ad una manifestazione nel 2011) e ha lavorato come fotografo e reporter freelance per diverse testate, tra cui European Radio, raccontando le proteste contro il governo e trasmettendole in dirette via social. Nel corso degli anni è stato arrestato più volte. Nel 2015 Protasevich co-fondò Nexta, un canale sull’app di messaggistica Telegram che gli diede grande successo. È diventato il principale canale di comunicazione soprattutto dei manifestanti: qui circolano video e testimonianze dirette, si coordinavano le proteste con data, ora e luogo, come vestirsi ed evitare le forze dell’ordine. Nel 2018, in riconoscimento per il suo attivismo, il giovane giornalista è diventato un membro della Vaclav Havel, un’iniziativa di Radio Free Europe/Radio Liberty (patrocinata dagli Usa) e del ministero degli esteri della Repubblica Ceca per formare a Praga i giovani giornalisti provenienti dalla Russia e dall’Europa dell’Est. Nel 2019 è scappato in Polonia per timore di ripercussioni da parte del KGB, i servizi segreti bielorussi (che non hanno mai cambiato nome dai tempi dell’URSS), portandosi dietro i genitori in un secondo momento. Trasferitosi in Lituania, ha continuato da remoto la sua attività contro il regime dell’ultimo dittatore d’Europa. A settembre 2020 il giovane ha creato un altro canale Telegram, Belamova (che ora conta oltre 260.000 iscritti), con l’intento di raggiungere anche la parte rurale e la classe operaia della Bielorussia. A novembre, come conseguenza di questa ennesima mossa, è stato inserito nella lista dei terroristi e condannato per le proteste prima a 15 anni, adesso alla pena di morte.

Questo delinea come sia repressivo il regime bielorusso nei confronti del sistema d’informazione. Per assurdo, il primo canale Telegram del giornalista non era stato nemmeno bannato ma – a quanto pare – strettamente controllato. Idem per il secondo. Dunque, il paese in questione non fa altro che aggiungersi alla lista dei paesi orientali che non rispettano il modo di pensare dei cittadini e dei loro rappresentanti. Un pensiero implicitamente e chiaramente dichiarato dal viceministro dell’interno Nikolai Karpenkov: «ricordiamo alla nostra opposizione assetata di sangue e fuori controllo che li conosciamo tutti. Sappiamo dove si trovano, con chi parlano, dov’è la loro casa e dove sono le loro famiglie. Fate sapere loro che la vendetta è inevitabile».

La libertà di stampa in Bielorussia è sotto lo stretto controllo di Lukashenko: a molte testate giornalistiche sono state vietate le stampe per non essere distribuite alla classe operaia, continuano gli arresti di giornalisti di testate e siti indipendenti (recenti sono quelli del sito Tut.by) e lunedì 24 maggio 2021 è stata firmata una nuova legge che, tra le altre cose, proibisce di trasmettere video dalle manifestazioni non autorizzate e impedisce i finanziamenti stranieri alle organizzazioni di media.

Di contro da parte del governo bielorusso, sono stati trasmessi dei video del giornalista e della sua fidanzata che “confessano”. In particolare, gira su Twitter il video di Roman (non si sa la data precisa in cui è stato girato), dove si vede il volto sfigurato dalle botte ricevute coperto dal fondotinta, il naso rotto e gli occhi che sbattono in continuazione. Si riesce a capire che non è un video fatto di sua spontanea volontà, ma una cosa costretta e soprattutto parole lette. Ora potrebbe essere in ospedale  in condizioni critiche.

La condanna

L’Europa ha proceduto a sanzionare la Bielorussia per il caso Protasevich, anche se le misure diplomatiche non hanno sortito l’effetto sperato. Si è chiesto ai Paesi del G7 di aumentare la pressione su Minsk e partecipare al summit di giugno. Toomas Hendrik Ilves, l’ex presidente dell’Estonia, lo ha definito un atto di puro terrorismo di stato e pirateria aerea. L’Italia – rappresentata dal sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova – ha reagito per prima in UE, esprimendo preoccupazione e chiedendo che Protasevich riprendesse al più presto il viaggio verso Vilnius. Idem l’omologo tedesco, Miguel Berger, che ha chiesto alla Bielorussia di dare una spiegazione immediata ed esaustiva sul dirottamento a Minsk di un volo Ryanair interno all’Ue ed il conseguente arresto di un giornalista.

Oltre la libertà di stampa…

Non è la prima volta nella storia della Turchia che la vediamo alleata della grande potenza orientale, la vecchia URSS. Essendo anche un membro della NATO, ha chiarito la sua posizione con gli Stati Uniti.

Da un po’ di tempo la Russia si trova in una situazione difficile in cui vede la sua influenza ridursi (vd. Guerra di Crimea nel 2014 e conseguenze attuali) e per recuperare cerca di allungare i suoi tentacoli sul Mediterraneo e nel Baltico, luoghi che sa benissimo essere di tradizionale appoggio della NATO. Questo preoccupa molto gli USA e Biden che tentano in tutti i modi di negoziare per accontentare un po’ tutti. La Casa Bianca ha già sanzionato il Cremlino per le vicende della Crimea; in più c’è la questione del gasdotto che collegherebbe Russia e Germania, il Nord Stream 2, raddoppiando le forniture di gas per Berlino. Questo, però, potrebbe essere un’arma a doppio taglio per gli altri paesi che vedrebbero così indebolito il proprio potere negoziale nei confronti di Mosca. Da questo punto di vista gli Stati Uniti hanno deciso, per ora, di non imporre nuove sanzioni a quelle già presenti, ma il tema sarà al centro del vertice di giugno.

Dall’altra parte, c’è la Turchia che ultimamente non ha per niente faticato a nascondere le tendenze neo-imperialiste. Ankara gioca un ruolo fondamentale per la sua posizione strategica: ha siglato un accordo in materia di difesa con Kiev e nelle ultime settimane ha mostrato la volontà di realizzare il progetto “Canale Istanbul”: esso consiste nel poter accedere, con l’approvazione turca, al Mar Nero da parte di navi militari di qualsiasi stato per un periodo di tempo potenzialmente illimitato, garantendo così una presenza costante nel territorio russo agli Stati Uniti e alla Nato. Tutto questo a patto che gli USA non dicano niente sulle manovre turche in Libia, cosa che non verrà vista di buon occhio da Italia e Francia.

In più, non bisogna dimenticare il Pacific Pivot statunitense varato da Obama durante la sua seconda amministrazione: quella strategia, cioè, che ha visto Washington impegnarsi nel rafforzamento del proprio ruolo nel teatro dell’Asia Pacifico, aiutato da un altro importante pilastro su cui si basava la dottrina estera del Presidente, ovvero il progressivo disimpegno militare in Medioriente.  Il Pacific Pivot doveva contenere la Cina nella sua espansione economica e rimane per l’America la prima cosa da affrontare, poi la questione della Russia. Infatti, Biden ha invitato Putin ad un incontro faccia a faccia a Ginevra che dovrebbe tenersi il 16 giugno.

Nel summit che si terrà a breve, dunque, il presidente americano chiederà agli alleati europei di mettere da parte le varie controversie, ma potrebbe anche sanzionare finanziariamente la Russia per gli interessi oligarchici su cui si basa il potere di Putin, e non solo… anche di Erdoğan!

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