Libano, una nazione immersa nell’oscurità: cosa sta succedendo

È passato poco più di un anno dall’esplosione al porto di Beirut, avvenuta il 4 agosto 2020 in tardo pomeriggio. Un’esplosione devastante che ha ucciso circa 214 persone, ne ha ferite più di 7000 e ha lasciato senza casa – secondo le stime del governatore libanese, Marwan Abboud – i due terzi del Paese. Già prima di questo evento tuttora traumatico per i libanesi, il Libano riversava in uno stato di crisi economica e l’ospedale principale di Beirut, proprio la mattina prima dell’esplosione, aveva dichiarato di aver quasi raggiunto il limite massimo per poter curare i pazienti. Già allora, la carenza di attrezzi medici e medicinali in generale era notevole. L’esplosione, come si può ben comprendere, non ha fatto altro che amplificare una situazione di per sé già svantaggiosa per uno Stato intero.

Dopo un anno, la situazione, se possibile, è peggiorata. Al trauma civile e morale di un’intera popolazione si aggiunge anche la disperazione causata dalla più grave crisi economica e politica che il Libano abbia mai vissuto. Le conseguenze sono gravi e non di poco conto: la mancanza di elettricità per intere giornate – per di più in piena estate – sta costringendo intere attività a chiudere i battenti e a dichiarare bancarotta; il cibo nei supermercati scarseggia e, in maniera inversamente proporzionale, le intossicazioni alimentari aumentano sempre di più; gli ospedali non sono più in grado di curare i malati a causa della mancanza di elettricità, ma anche a causa della crisi sanitaria che, ormai, sembra insanabile; i cittadini si ritrovano spesso e volentieri impossibilitati a spostarsi con le auto o con qualsiasi altro mezzo, a causa dell’esaurimento definitivo delle scorte di carburante.

«Si arriva ad aspettare ore e ore in fila per poter fare benzina e poi, arrivato il tuo turno, scopri che la benzina è totalmente finita» queste le parole di una fonte libanese che, con amarezza e disperazione, espone la situazione che sta vivendo il Libano e di cui sembra se ne stia parlando troppo poco.

Sulla pagina Instagram @leb.historian si legge: «Niente Wi-Fi. Niente carburante. Niente elettricità. Gli ospedali sono sul punto di collassare. Pasticcerie, negozi essenziali e altre attività costrette a chiudere a causa della prolungata mancanza di elettricità. Un uomo anziano muore nella sua auto mentre è in fila alla pompa di benzina. La banca centrale annuncia l’esaurimento delle scorte di carburante. […] tutto questo nel caldo soffocante e umido di agosto. Intere famiglie a Beirut dormono sui propri balconi perché non possono usare l’aria condizionata. Non dimentichiamoci, poi, dell’inflazione e dell’aumento dei prezzi sul cibo.»

Una situazione allarmante, una nazione plunged into darkness, immersa nel buio. Un buio nel quale è difficile vedere una via d’uscita, quello spiraglio di luce che fa anche solo sperare in una via d’uscita. L’unica speranza, come si legge da utenti disperati su Twitter – quelle poche volte in cui un rapido e fugace ritorno di elettricità permette ai libanesi di collegarsi col resto del mondo –, è quella di “sopravvivere anche oggi” (I hope we survive today).

«Onestamente? Nessuno qui sta bene mentalmente ed emotivamente. Nemmeno fisicamente nella maggior parte dei casi.» la fonte libanese spiega come la situazione in Libano peggiori e degeneri giorno dopo giorno e, soprattutto, come il popolo libanese si senta abbandonato a sé stesso soprattutto dal proprio governo che, voltando il capo dall’altro lato, si finge ignaro di una situazione che non può più essere ignorata.

«Spero solo che l’unica alternativa che ci resterà non sarà andar via» afferma la fonte ed ecco come, in una tale situazione, l’unica alternativa sembra proprio quella: andar via.

«Stiamo lottando letteralmente per avere solo i beni necessari: vogliamo l’elettricità in casa; vogliamo il carburante così che possiamo andare al lavoro o anche solo all’università ad istruirci. Persino lì non si può più andare a causa di tutte queste disgrazie». La popolazione desidera solo di tornare alla normalità, a vivere e non a sopravvivere, a lavorare per sfamare le proprie famiglie e a studiare per costruire il proprio futuro. Un futuro di cui, ad oggi, i libanesi sono stati brutalmente privati.

A rendere la situazione ulteriormente frustrante e demotivante è il relativo disinteresse che suscita la situazione libanese a livello internazionale. «Le persone [occidentali] non hanno idea di quanto siano privilegiate. Danno tutto per scontato, non si rendono conto di ciò che hanno fin quando non vedono chi sta peggio di loro lottare per le cose che loro ottengono senza nemmeno muovere un dito. Non riescono a capire per davvero una situazione fin quando non la vivono. Eppure, anche loro sono capaci di provare empatia, semplicemente decidono di non provarla.»

Di queste persone abbandonate a sé stesse, che lottano contro il loro stesso governo corrotto per ricevere quello che spetterebbe loro di diritto, che devono sperare di poter sopravvivere ancora un altro giorno, di queste persone si parla troppo poco. I governi parlano poco della grave crisi che sta dilaniando una nazione intera e trovare una soluzione sembra ormai essere una missione ardua e quasi impossibile.

«Nulla cambierà fin quando il nostro stesso governo farà finta di nulla. Tanto a loro il carburante, l’elettricità e i soldi non mancano di certo.»

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