Liberalismo: stessi principi, nuove sfide

Liberalismo: cos’è e sua storia

Il liberalismo è una dottrina politica nata tra ‘700 e ‘800, fondata sul principio della libertà individuale, sul liberismo economico, sull’uguaglianza giuridica, divisione dei poteri, creazione ed affermazione dello Stato di diritto garantito costituzionalmente, sulla rappresentanza parlamentare espressa dall’elettorato, sulla laicità di stato e tolleranza religiosa.

Con questa configurazione teorica, frutto dei pensatori inglesi dell’800 e del liberalismo statuinitese del secondo dopoguerra, il liberalismo si affacciò alla seconda metà del secolo scorso mutando alcuni tratti cardinali, approdando – dal rifiuto totale del welfare state del liberalismo classico – ad accettare lo Stato assistenziale.

Dalle sue origini storiche, si qualificò come tratto espressivo della borghesia che puntava al primato dell’iniziativa privata ed individuale sulle istanze delle masse.

Il Liberalismo in Europa

I primi teorizzatori di una teoria liberale furono John Locke, nell’Inghilterra del XVII secolo, e Montesquieu, nella Francia del XVIII, che si rifecero ai principi dell’illuminismo, dell’economia classica, dell’utilitarismo e del positivismo.

Il liberalismo fu protagonista della Rivoluzione americana del 1775, esaltando la lotta per l’indipendenza politica dell’individuo, e della Rivoluzione francese del 1789, affermando i diritti di quest’ultimo contro i vincoli classisti posti dall’ancien regime.

Il liberalismo si impose nella Gran Bretagna dell’800, legittimando tramite i whig le nuove classi borghesi, opponendosi al conservatorismo classico e lottando per l’istituzione di banche, la nascita di lavori pubblici e scuole e per alcuni diritti politico, come l’ampliamento del suffragio elettorale.

Sempre nell’800, in piena Restaurazione (1815), i movimenti liberali si opposero alla rinascita dell’assolutismo tramite la difesa delle libertà politiche. In Germania, invece, furono sempre i movimenti liberali a difendere le istanze del conservatorismo e dell’unificazione nazionale.

Il Liberalismo in Italia

Anche in Italia, come in Germania, i principi liberali furono tra i principali responsabili dello sviluppo di un’aspirazione all’unità nazionale ed all’indipendenza, senza sfociare – come in Germania – nell’esprimersi in un partito politico.

Fu Cavour, infatti, a portare avanti il processo di unificazione nazionale sulla base dei principi del costituzionalismo, del parlamentarismo, liberismo economico e separazione tra potere spirituale e temporale.

Nonostante l’iniziale loro appoggio, l’affermazione del fascismo nel 1922 condusse ad una iniziale crisi del liberalismo italiano, che – alla stregua dell’intera Europa caratterizzata da regimi autoritari – non seppe fronteggiare l’avvento di questi e rappresentare adeguatamente i bisogni delle masse, che non erano interessate ad un liberalismo di facciata sacrificato al liberismo economico che avrebbe poi condotto al capitalismo.

La nascita del liberale moderno

Il moderno liberalismo, difatti, non sorse nel vecchio continente, bensì negli USA: mentre il filosofo John Dewey, nel primo ‘900, cercò di configurare un liberalismo che prestasse orecchio ai problemi sociali, la scuola di Chicago (1950 – 1980) seppe costruire i principi del liberismo economico che, sopravvissuto alla crisi del 1929, arriva ancora ai giorni nostri.

A partire dal secondo dopoguerra, poi, il liberalismo – nella sua versione liberal – si fece portatore anche della strenua difesa delle libertà civili, trasformandosi in liberalismo democratico ed aprendosi alla società di massa, influenzando le formazioni politiche cattoliche e socialiste, ponendo come criteri inattaccabili della società quelli della libertà di pensiero, di associazione e di impresa individuale.

E’ proprio in questa accezione che il liberalismo si impose negli USA e, in Europa, in Francia: non tramite partiti liberali o libertariani, ma influenzando tutti i partiti dell’area parlamentare.

Ed è da questi due Paesi e dal Regno Unito che, negli anni ’80 del Novecento, sorse il tentativo di fondere – con successo – i principi liberali con quelli conservatori e moderati, riformulando la dottrina liberale con le istanze della società contemporanea, tramite le esemplari figure di Margaret Thatcher e, soprattutto, Ronald Reagan.

Liberalismo: quale futuro?

Un autentico liberalismo futuro deve ripartire dall’esame delle profonde esigenze morali e politiche insite nella coscienza umana: senza porsi delle domande su se stesso, non vi è futuro.

I 20 anni di assolutismo del regime fascista hanno dato modo di dimostrare cosa possa significare il totalitarismo e qualsiasi liberale, o quanto meno che sia realmente tale, non può nel modo più assoluto auspicare ne far si che un simile periodo storico faccia ritorno.

Deve – anzi – creare una cultura politica in grado di saper riconoscere l’individualità del singolo e, al contempo, la necessità dello Stato come garante del diritto alla libertà ed alla libertà dal bisogno dei cittadini.

Nonostante ci sia questa tendenza a voler ritenere che le cose possano “sistemarsi da se”, l’ultima tornata elettorale ha visto una debacle della componente liberale, che si è venuta a trovare senza una rappresentanza parlamentare e leaderistica forte, in balia dei rovesci della politica populista e senza una classe dirigente in grado, nell’immediato, di prendere saldo il timone e portar la nave in porto.

Il più grande errore che i convintamente liberali possano fare è piegarsi al determinismo storico, quello che afferma che, giunto il tempo dei populismi, bisogna arrendersi ad essi e, quanto prima, mutare il proprio indirizzo ideologico.

In realtà, la presenza odierna di tanto, troppo populismo, induce ad un’ammissione che è foriera di speranza e certezza: c’è un nuovo ed enorme spazio per il liberalismo, ma solo a patto che si sappia rispondere alla domanda “Quale?”.

Questo nuovo liberalismo deve rispondere alle seguenti domande:

  1. Il liberalismo è un compartimento stagno o deve essere un modo comportamentale politico e sociale fondato sull’analisi continua, sul divenire e consistente nella convivenza pacifica e sviluppo di sempre nuove idee ed ideologie?
  2. Il liberalismo deve riconoscere la perdita di valori ed identità dei popoli a favore di una sempre crescente mescolanza delle razze e sviluppo dei fenomeni migratori, o forse deve svilupparsi all’interno di un comparto sociale dotato di istanze e principi comuni, da tutelare e proteggere?
  3. Il liberalismo deve essere pura ragione e dogma o deve contemperarsi alla luce delle istanze sociali?
  4. Il liberalismo può continuare ad essere visto come il credo di chi ritiene che “homo faber ipsius fortunae”, o forse deve saper trasformarsi in un’ideologia che tende a permettere mutuo aiuto tra individui, affinchè anche gli ultimi siano in grado di essere fautori delle proprie fortune?
  5. Il liberalismo deve rinnegare la sua matrice religiosa, in un mondo multiculturale e con infiniti credi, o deve riconoscersi – finalmente – sorto all’interno di una matrice culturale cristiana, che va difesa dalle continue ingerenze esterne di altre religioni al cui interno un liberalismo non sarebbe mai nato, per motivi oggettivi?
  6. Infine, ha il liberalismo la necessità di configurarsi come “di destra” o “di sinistra”? O forse, come sosteneva Benedetto Croce, il liberalismo è l’unico in grado di temperare la società, con provvedimenti che siano a volte conservatori e a volte progressisti, nell’interesse delle istanze stesse del cittadino?

Una volta che ogni singolo liberale avrà risposto a queste domande, ponendosi sotto il vessillo di una figura in grado di arrembare e difendere a seconda della necessità, con ardimento e volontà che si confanno a chi è di fronte a grandi cambiamenti, allora – e solo allora – si sarà trovata una nuova via per il liberalismo.

La mia esortazione è a porsi queste domande e, soprattutto, a trovare delle risposte.

1 commento

  1. È un’analisi esauriente e ben fatta del Liberalismo. Credo che la parte più interessate siano le domande a cui dare una risposta concreta da adeguare alla realtà dei nostri tempi. Grazie.

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