Mustafa Kocak e Helin Bolek: Le ultime due vittime dello sciopero contro la politica repressiva di Erdogan

Si chiamano Mustafa Koçak e Helin Bölek, i due musicisti del gruppo musicale Grup Yorum, imprigionati dal regime turco, morti questo mese in Turchia dopo più di 200 giorni a digiuno in segno di protesta contro il governo di Erdoğan

La fame peggiore, quella per la quale a digiuno non puoi sopravvivere, è quella per la libertà.

Così nella notte tra il 24 e il 25 aprile, a 28 anni Mustafa Koçak, musicista del gruppo Grup Yorum, muore dopo 297 giorni di digiuno in una cella d’isolamento nel carcere di Sakran in Turchia.

«Il mio nome è Mustafa Kocak, ho 28 anni. Ho vissuto con la mia famiglia a Istanbul fino all’arresto. Come uno dei quattro figli di una famiglia povera, ho passato la mia infanzia e la mia giovinezza lavorando qua e là. La mia vita è cambiata quando sono stato arrestato, il 23 settembre 2017».

Scriveva così nella lettera lasciata ai suoi avvocati e pubblicata dall’agenzia Bianet.

Il giovane musicista dei Grup Yorum, era stato arrestato il 23 settembre 2017 a seguito di una condanna all’ergastolo aggravato con l’accusa di aver supportato un’organizzazione terroristica, il Fronte rivoluzionario della liberazione popolare (Dhkp-C), fornendo loro armi e partecipando al sequestro nei confronti del procuratore Mehmet Selim Kiraz condotto due militanti della sinistra extraparlamentare a Istanbul nel 2015.

L’incarcerazione avvenì sulla base delle testimonianze di un informatore della polizia, senza ulteriori prove, a seguito di un processo farsa, portando l’arresto del ragazzo senza nessuna evidenza probatoria.

Gli stessi avvocati del giovane, dopo la sua condanna, avevano avviato campagna giudiziaria, mediatica e politica a sostegno di Mustafa per chiedere giustizia sulla vicenda.

Per questo motivo, da dietro le sbarre della sua cella, Mustafa, come gli altri membri del suo gruppo, avevano cominciato lo scorso anno uno sciopero della fame collettivo, protestando contro questi gravissimi atti di soppressione da parte del governo turco.

La tragica notizia della morte di Mustafa arriva poche settimane dopo quella di Helin Bölek, deceduta lo scorso 3 aprile, anche lei membro e fondatrice del Grup Yorum, dopo 288 giorni di digiuno contro la politica di repressione attuata dal regime del presidente Recep Tayyip Erdoğan, che aveva vietato al gruppo, dopo più di 30 anni di attività, di suonare.

«Mustafa chiedeva un processo equo, e denunciava le torture subite. Tutto quello che chiedeva era un processo giusto, non gliene hanno dato la possibilità – queste le parole di Omer Faruk Gergerlioglu, parlamentare del partito di sinistra pro-curdo Hdp – Mustafa è l’ultima vittima di un sistema ingiusto»

La loro storia e le loro proteste si iscrivono in una più grande battaglia che attualmente attraversa la Turchia, dove ancora oggi, nonostante l’emergenza sanitaria provocata dal coronavirus e il grande problema del sovraffollamento delle prigioni, giornalisti, deputati del Hdp, attivisti, scrittori e avvocati vengono arrestati e condannati come prigionieri politici senza la garanzia di poter far valere loro i diritti fondamentali, civili e politici della persona.

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