Ride the Lightning: Venom Prison – Primeval (2020)

Lo scorso 9 ottobre, a distanza di un anno dall’uscita di Samsara, i Venom Prison hanno pubblicato il loro nuovo album – dal titolo Primeval – per la Prosthetic Records.

I più scettici potrebbero dubitare circa la tempistica di questo lavoro, anche in ragione delle opinioni discordanti in merito al suo predecessore. Ma è proprio qui che si situa il nucleo di questa riflessione: l’impellente necessità, della band gallese, di lanciare un chiaro segnale all’intero panorama metal.

In primo luogo, è necessario specificare come l’album contiene le ri-registrazioni degli EP Defy The Tyrant e  The Primal Chaos, con l’aggiunta delle due tracce intitolate Defiant to the Will of God e Slayer of Holofernes.

Abbiamo di fronte una raccolta già collaudata che, inevitabilmente, richiede una gestione minuziosa del materiale in essa confluito. E’ necessario che il tutto sia amalgamato con cura e cognizione per non ottenere un doppione delle stesse registrazioni.

Partiamo proprio dalle novità, ossia dai nuovi singoli inseriti nel lavoro.

Si nota, in prima battuta, un approccio maturo e più costruttivo rispetto ai precedenti prodotti. Defiant to the Will of God racchiude tutta una serie di soluzioni che depurano il brano da quella monotonia di cui spesso viene accusata la band. Il passo in avanti è significativo, un upgrade che non può passare, di certo, inosservato.

Questo sviluppo emerge anche in Slayer of Holofernes, dove i Venom Prison si sono distaccati dalla loro confort zone. Traccia compatta, prodotta alla perfezione e molto accessibile anche per chi, di solito, è orientato verso “altre branche” del metal.

Da sottolineare la gran prova offerta da Larissa Stupar, brava nel diversificare – nel bravo in questione – una sezione vocale di non facile gestione. La front – woman dei Venon Prison si sta ritagliando, progressivamente, uno spazio sempre più importante nel panorama di riferimento; la giovane età e le indubbie capacità hanno generato delle grandi aspettative sul suo conto, tanto che il magazine britannico Kerrang! ha affermato come “Larissa Stupar è forse la voce più importante della musica estrema”.

Gli importanti attestati di stima sono la testimonianza dei margini di miglioramento di questa band. Dobbiamo, però,  prestate attenzione su questo punto: se da un lato vi sono molto elogi e un largo consenso della critica, dall’altro i Venom Prison hanno ricevuto diversi pareri negativi.

Si analizza una band molto giovane e – di conseguenza – grezza sotto diversi punti di vista. La base dei loro lavori è un death metal contornato da tipiche influenze europee, tipiche della scena black metal scandinava.

Rendere accessibile – e moderno – un lavoro caratterizzato da questa impostazione non è cosa semplice. E’ fondamentale proseguire nella ricerca di soluzioni in grado di evolvere il proprio repertorio: pensiamo ai Code Orange, partiti da un metalcore puro, giunti alla realizzazione di un genere esclusivo, fatto di grandi influenze elettroniche, alternative metal e industrial.

Primeval, chiaramente, risente di tutto ciò. Le nuove registrazioni hanno lo scopo di sgrezzare e alleggerire un carico troppo pesante. Rendere omogenea una raccolta composta da due EP, dove la priorità assoluta è giungere a un prodotto logico, coerente, organizzato e moderno.

Del tutto peculiare è il concept scelto per questo lavoro, concentrato su riferimenti inerenti l’Antico Testamento e la violenza. Nell’album è presente, infatti, un richiamo al Libro di Giuditta con l’uccisione del generale assiro Oloferne. Testimonianza di come vi sia stata una grande attività di studio dietro la scrittura.

A questo punto della trattazione, possiamo sollevare una domanda: sono riusciti i Venon Prison nel loro intento? Hanno dato nuovo impulso al loro progetto?

Assolutamente si. Primeval spazza via quello scetticismo generale sui lavori della band gallese, proiettando  il gruppo in quella cerchia di “nuove leve” pronte a sostenere l’intero panorama metal.

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