Scomparso Helmut Berger: addio all’angelo maledetto amato da Luchino Visconti

L’attore austriaco, celebre per essere stato uno dei personaggi più acclamati nel cinema degli anni 70, si è spento all’età di 78 anni.

Sulle note di “Testarda Io” della cantante Iva Zanicchi, l’eclettico ed angelico attore Helmut Berger si aggirava completamente nudo, incantevole come un angelo, in una delle scene più iconiche del cinema viscontiano nel film “Gruppo Di Famiglia In Un Interno”. 

Considerato uno degli uomini più belli e desiderati al mondo, il celebre interprete e modello, all’anagrafe Helmut Steinberg, è deceduto a Salisburgo lo scorso 18 maggio all’età di 78 anni.

Scoperto dal grande regista Luchino Visconti, Berger ha lasciato un segno indelebile nello scenario cinematografico tra la metà degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta, prendendo parte a molteplici pellicole di rilevante importanza. 

Tra queste, è doveroso menzionare capolavori come “La Caduta degli Dei” (1969), “Ludwig” (1973) e il sopracitato “Gruppo Di Famiglia In Un Interno” (1974). 

Una lodevole triade cinematografica in cui il bel Helmut fu diretto da uno dei suoi più grandi amori, il regista italiano Luchino Visconti. 

Un legame sentimentale, il loro, vissuto fortemente e, allo stesso tempo, dannatamente sofferto (famose erano le scenate di gelosia di Berger nei confronti del direttore artistico italiano) e che durerà fino alla dipartita del famoso regista, avvenuta nel 1976. Proprio in occasione dei funerali di quest’ultimo, l’attore austriaco si definì “la vedova di Visconti”. Un appellativo, questo, che lo stesso Berger proclamerà spesso, ricordando con rammarico il grande amore vissuto con il grande regista.

Con lui ho vissuto il vero amore. Siamo andati a vivere insieme solo quattro mesi dopo esserci incontrati. Mi ha educato, mi ha fatto conoscere una miriade di personaggi famosi come Grace Kelly, Salvador Dalì, la Callas, non avevo mai incontrato un essere così erudito. Con lui tutto era magico”, raccontò l’interprete in un’intervista. 

Oltre alle lodevoli lavorazioni viscontiane, “l’angelo maledetto” della Settima Arte annovera nel suo palmares cinematografico altre imponenti collaborazioni, come quella con il regista Vittorio De Sica ne “Il Giardino Dei Finzi Contini” (1972), Premio Oscar nel 1972 nella sezione “Miglior Film Straniero” e con Umberto Lenzi ne “Il Grande Attacco” (1978).

Nato e cresciuto in una famiglia di albergatori, Berger narrò spesso del profondo legame che aveva con sua madre, raccontato anche nel documentario “Helmut Berger: My Mother and Me” (Valesca Peters, 2019). “Sono stato profondamente amato da mia mamma, cercavo in qualsiasi persona che incontravo nel mio cammino il suo sguardo amorevole e protettivo”, spiegò l’attore. 

Dopo la morte di Visconti, l’attore cadde in una profonda depressione accompagnata da episodi di sfrenato alcolismo, il quale comportò una spiacevole situazione di stallo alla sua onerosa carriera artistica. 

Negli anni Novanta, però, il regista americano Francis Ford Coppola lo volle nel suo “Il Padrino III” (1990), rilanciando la sua figura nel panorama cinematografico internazionale. 

Ho vissuto tre vite, parlando in quattro lingue. Non rimpiango nulla”. 

Un’esistenza ricca di ascese, cadute e risalite, e che solo un “angelo maledetto” come Berger poteva orgogliosamente condurre.

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