Stefano Cucchi e l’Arma vittime di bestie senza giustificazioni terrene

Nello Simonelli e il punto dell’Istituto Liberale Benedetto Croce

Con la sentenza e la condanna per i due carabinieri a 12 anni per omicidio preterintenzionale, si conclude la triste vicenda Cucchi.

Un episodio dal quale c’è tanto da imparare: in primis che la strumentalizzazione da qualsiasi parte fa male. Fa male sia la strumentalizzazione di certa destra che ha additato Cucchi come uno che se la cercava – pur di portare avanti la sua battaglia contro le droghe e l’esaltazione aprioristica delle forze dell’ordine – sia quella di certa sinistra che ha additato Cucchi come un povero martire del braccio violento della legge – non riconoscendo che il ragazzo non è stato ucciso dall’Arma tutta ma da delle bestie ingiustificabili.

Chiusa questa fin troppo lunga parentesi, che possa essere l’occasione per concentrarci su di un problema serio quale la droga.

Il proibizionismo è – come storicamente conclamato – fallimentare, in quanto mostra il fianco alla creazione di mercati neri di qualsiasi articolo proibito, con il proliferare di mafie e degrado.

La legalizzazione selvaggia è – come storicamente conclamato – fallimentare, in quanto mostra il fianco, quando non accompagnata dalla responsabilità individuale, alla creazione di uno stato di irresponsabilità individuale e degrado.

Si riparta dal termine di questa vicenda, nella piena coscienza che sia Cucchi che il buon nome dell’Arma sono stati vittime di alcune bestie che non hanno diritto a giustificazioni terrene.

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