Turchia: il riassetto politico di Erdoğan

In vista delle future elezioni presidenziali programmate per agosto 2023 – se non ci sono cambi di umore – il presidente Erdoğan sta prontamente rimescolando i membri al governo per essere sicuro di portare a casa la vittoria. E già, perché secondo un sondaggio pubblicato dal giornale Cumhuriyet il suo partito AKP è sotto del 40% rispetto a quello repubblicano CHP.

Ad oggi è il turno della Ministra velata della Famiglia, Zehra Zumrut Selcuk, che viene sostituita da un membro donna dell’Associazione delle donne della democrazia (Kadem) presieduta dalla figlia del presidente Sumeyye Erdoğan. Una mossa decisamente astuta da parte sua per due principali motivi: innanzitutto, per rimediare alla rottura del rapporto con la figlia conseguente all’abbandono della Convenzione contro la violenza sulle donne; in secundis, così nel suo governo sarà l’unica presenza femminile perché il Ministero di appartenenza della Selcuk si divide in due sezioni – della Famiglia e del Lavoro – guidato da una donna e da un uomo. Il tutto, per rafforzare il suo consenso mantenendo un orientamento conservatore e di ispirazione religiosa.

L’amaro in bocca nacque da quando aveva annunciato di svincolarsi dalla Convenzione contro la violenza sulle donne, per lui evidentemente non abbastanza importante perché le leggi turche erano sufficientemente in grado di contrastare tali avvenimenti. Non male come pensiero se non fosse per i continui femminicidi al giorno che si verificano nel paese.

Chi è la sostituta di Selcuk?

Derya Yanik è il nuovo volto scelto dal presidente. Classe 1972, inizia la sua carriera politica con il Partito giustizia e sviluppo (Akp) servendo prima come membro del consiglio di amministrazione provinciale di Istanbul del partito con cui viene eletta al Consiglio municipale di Istanbul per due mandati, rispettivamente nel 2004 e nel 2014. Ha sostenuto la decisione del governo di uscire dalla Convenzione dichiarando: «La Convenzione di Istanbul, come testo quadro, ha costituito un concetto importante nella lotta alla violenza contro le donne. La legge 6248 della nostra Costituzione e gli articoli pertinenti del codice penale turco sono strumenti importanti nella lotta alla violenza. Le leggi e le strutture cambiano, si trasformano e si sviluppano nella storia. Con l’uscita dalla Convenzione non si tratta di fare un passo indietro per quanto riguarda la violenza contro le donne. Una cosa del genere è fuori questione».

Ricordiamo che, in una nota, l’associazione Kadem aveva scritto così: «La Convenzione ha ormai perso la sua funzione originaria e si è trasformata in una ragione di tensioni sociali. Consideriamo la decisione del ritiro come una conseguenza di queste tensioni».

Ebbene, questo è solo uno dei tanti motivi per cui Erdoğan ha deciso di mantenere la data delle elezioni nel 2023. Giocherebbe, inoltre, a suo favore il fatto che in quell’anno si festeggerebbe il centenario della fondazione della Repubblica di Turchia da parte di Mustafa Kemal Atatürk. Repubblica che, in realtà, non gli appartiene per il comportamento totalmente dittatoriale che sta adottando da quando è al potere. Il desiderio di Atatürk era quello di portare i valori occidentali nella sua patria, e non permettere alla religione e alle sue fondamenta di governare lo Stato. In più, per aumentare il suo ego, avrebbe già superato il quindicennio di presidenza di Atatürk (1923-1938) e avrebbe raggiunto i 17 anni.

Tra i vari cambiamenti all’interno del partito AKP, c’è da confermare che l’europeismo ostentato nei primi anni è oggi scomparso. Pensando ai tanti insulti riservati da Erdoğan all’UE negli ultimi anni, tra i quali anche le accuse di “nazismo” e “fascismo” rivolte a Germania, Olanda e recentemente Italia, l’intento del presidente è molto chiaro. Non ci resta che attendere nuovi sviluppi e vedere se necessiterà l’anticipo delle elezioni presidenziali, considerando che ha già in casa un nemico acerrimo del tutto a favore UE. Se decidesse di anticiparle, il CHP supererebbe la soglia di sbarramento per vincere le elezioni con il 30,45 per cento; il Partito democratico dei popoli (Hdp) filo-curdo con il 10,37 per cento; i nazionalisti del Partito Buono (Iyi) con il 10,25 per cento. Considerando il fatto che il Partito del movimento nazionalista (Mhp) loro alleato resterebbe fuori dal Parlamento, perderebbero le elezioni a fronte del 45,5% dell’opposizione. Inoltre, al momento Kilicdaroglu sembrerebbe essere il più gradito dalla popolazione turca (49,7%).

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