Verba manent: Fusaro fuso

La prima al teatro “La Scala” è l’evento mondano par excellence, come avrebbe detto Jep Gambardella, se fosse esistito anche fuori dal capolavoro di Sorrentino.

Tuttavia, non sono mancate le critiche. A partire dai 4 minuti di applausi rivolti al Presidente Mattarella. La polemica riguardo al tempo – cronometrato – di plauso al Capo dello Stato appare piuttosto futile.

Uno tra i pionieri del tweet-attack contro Mattarella è stato il filosofo e personaggio televisivo Diego Fusaro, il quale ha sostenuto che “[…] ad applaudire per 4 minuti non vi era neppure un lavoratore. Non un operaio. Non un fattorino. Non un precario”. Come se l’esistenza della felicità di un Paese si misurasse dall’esito dello scontro uomini di pietra vs. uomini d’oro. E i primi fossero i poveri a cui uno Stato che non assomiglia a Robin Hood abbia negato la possibilità di riuscita, mentre i secondi rappresentassero coloro che hanno costruito il proprio successo tramite l’usurpazione delle risorse altrui.

Dottor Fusaro, lei afferma di essere un discepolo indipendente di Karl Marx e, in ambito nostrano, di apprezzare tanto Antonio Gramsci quanto Giovanni Gentile. Il che è ammirevole, giacché la cultura non conosce fazioni, tantomeno se riferita a dei giganti del pensiero. Ma non può applicare alla “Tosca” lo stesso ragionamento di tertium non datur, in relazione alla presunta classe sociale di appartenenza degli invitati applaudenti.

Se riduciamo la società italiana a una “lotta di classe”, ritorniamo sì al suo amato Marx, ma generiamo uno scontro di ranghi piuttosto infelice. In fondo, classicamente classista.

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