Verba manent: l’informazione in tempi di guerra

Nell’ambito della riflessione geopolitica, forse lì più che in ogni altro settore, il relativismo fa da padrone. E con esso il continuo ritrattare opinioni precedentemente date, come se offrire un punto di vista alla gente comune che ascolta, e che magari lo fa proprio, sia un fatto irrilevante, da poter rivedere al soffiar del vento. Più un tema è complesso, più pesci si gettano nella rete; è un paradosso, perché a primo impatto ciò che è specifico dovrebbe interessare solo gli specialisti. Invece una guerra, una crisi internazionale, una violazione di sovranità territoriale riguarda tutti: cantanti, giornalisti generalisti, attori, presentatori, conduttori. Ne segue un palco affollatissimo dove più autori non valgono un copione. Così è stato, dal 7 ottobre in avanti, per Israele. 

Quando i terroristi di Hamas lanciarono il vile attacco, agli inizi di ottobre, tutti si schierarono con Israele. Appoggiarono la prima risposta israeliana, ritenuta giusta perché uno Stato deve difendersi se attaccato – e non da un nemico qualunque, ma da quello storico. Poi Israele ha proseguito, con nettissima superiorità di mezzi e risorse, ad attaccare indistintamente terroristi e civili, campi profughi e innocenti, ha disinnescato ordigni e bombardato senza esclusione di colpi. Lì il popolo del commento ha iniziato a dividersi: destra e sinistra “l’un contro l’altro armato”, pronti a strumentalizzare a propri fini la faccenda (elezioni regionali, campagna europee). La destra continuava a difendere Israele: “In una guerra è inevitabile che accadano anche errori”; la sinistra si scagliava: “È colpa dell’Occidente che appoggia un governo genocidario”. 

C’è stato l’attacco al consolato iraniano di Damasco, abbastanza ignorato dalla stampa mainstream, poi la notte tra sabato e domenica, quando l’Iran ha lanciato l’attacco con droni – neutralizzato, come tutti avrebbero potuto prevedere, con facilità dal sistema antiaereo israeliano. Oggi l’attenzione si è spostata sui due leader, Netanyahu e l’ayatollah Khomeini, entrambi accusati come responsabili dalle rispettive fazioni di sinistra e destra. Dalle ragioni militari si è passati alle colpe dei presidenti, per cui l’attacco di Khomeini sarebbe stato solo esemplificativo e legittimo, in risposta a un gesto, quello di Netanyahu, proprio dei terroristi (come asserito da Massimo Cacciari); dall’altra parte, Khomeini non aspettava altro che intraprendere la sua avanzata verso l’Occidente visto come nemico identitario, religioso e culturale, da annientare. 

Riflessioni come quelle che stiamo facendo, che hanno l’obiettivo di far luce sull’informazione italiana, non sulle tecnicità geopolitiche della vicenda, dovrebbero essere chiare. Il destinatario di tutto quel sistema mediatico-economico fatto di marketing politico, funzionale alla vendita di giornali, allo share e finanche ai consensi dei partiti, è il cittadino. Il compito del sistema è informare rispettando e rassicurando. Può sembrare una formula nuova, ma è presto spiegata: il consumatore della notizia va rispettato, perché si affida alla fonte e la sceglie, da essa deriva il suo livello di conoscenza sulla materia; va anche rassicurato, quando la materia è delicata e sensibile, perché è facile arrivare a una collettività schizofrenica, che si riflette in atteggiamenti economici e sociali sbagliati – corsa ai risparmi, azzeramento degli investimenti et cetera. 

Il solito appello da questa sede: attenzione a come informate. Anche da voi, come del resto da noi, dipende il futuro del Paese. 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here