Verba manent: un vaccino per chi non si vaccina

In primavera, mentre tutti erano chiusi in casa e aspettavano notizie sul vaccino con trepidazione, nessuno avrebbe mai immaginato che, una volta arrivata la cura, sarebbe nato un dibattito sul suo uso. In altre parole, chi aveva agognato libertà e scomparsa del virus, costi quel che costi, oggi dispensa pareri medici e veste i panni del virologo, critica la distribuzione del vaccino, ne confuta l’utilità, spiega perché possa produrre effetti collaterali. Se gli italiani fossero stati un illustre popolo di scienziati, oggi non avremmo il 47% della popolazione sofferente di analfabetismo funzionale, o uno tra i più alti tassi di disoccupazione nell’UE. 

Arriva la soluzione al problema, l’italiano preferisce il problema. Forse che le scelte spaventano chi dimostra di non avere un cuore di leone? O magari la tendenza dei media, delle televisioni, della propaganda fa sì che ciascuno ragioni per sentito dire, senza usare i propri neuroni, spesso ormai in sovrappeso?

Quesiti complicati, la cui persistenza nel dubbio oggi ci conduce nell’indecisione più assurda che rara: preferire la pandemia alla libertà. 

Occorre una significativa campagna di sensibilizzazione al vaccino; bisogna informare le persone, senza obbligarle, ma renderle coscienti che l’unica via percorribile è la scienza. E sensibilizzare non vuol dire dare spallate agli altri, come ha fatto Vincenzo De Luca, poiché la pelle vale più delle critiche, bensì significa trasmettere dati e valori alla collettività.

Un vaccino, d’istruzione, educazione, responsabilità e cultura, per chi non si vaccina. 

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