Il pensiero della settimana: l’insicurezza come male del nostro tempo

Chiacchierando con le persone più anziane ho sempre sentito raccontare storie avvincenti, coraggiose, quasi eroiche, anche nella semplicità di crescere una famiglia, di poter ripagare il mutuo di casa e così facendo lasciare ai figli un tetto, un rifugio sicuro. In tutto questo  si respirava eroicità.

Ho sentito parlare di resistenza dai miei nonni, di sacrifici con il sorriso sul volto dai miei genitori, di come creare e gestire un attività da grandi menti incontrate durante le mie esperienze di vita.

Ho letto, quando ero uno studente di liceo, del coraggio di Falcone e Borsellino, due magistrati che hanno sacrificato la loro vita in nome della giustizia e della libertà; la libertà di ognuno di noi di non aver paura, di non dover essere schiavi di un sistema, di poter sognare un futuro e per ultimo, ma non in ordine d’importanza, per poter salvare dal malaffare uno dei paesi più belli al mondo, l’Italia.

Mai ho sentito parlare di insicurezza da chi è più grande di me, un termine che oggi è presente in ogni piccolo angolo della nostra vita. Ragazzi e ragazze che hanno paura di non si sa cosa, che non si accettano, rifiutano l’amore perché magari chi gli sta accanto è davvero speciale ma, spesso, questa caratteristica, piuttosto che un vantaggio, per l’altro diventa uno specchio, e allora ci si sente da meno, buttando al vento la possibilità di crescere avendo al proprio fianco persone di valore.

Nel mondo del lavoro piuttosto che affidarci alle competenze di un collega con più esperienza, si innesta quasi una sfida a chi è più bravo. E ancora, se il vicino ha una macchina di grossa cilindrata noi vorremmo averla migliore, quel tuo amico ha una ragazza al suo fianco davvero bella e allora tu vorresti averne una ancora più bella.

Come siamo arrivati a tutto ciò è per me inspiegabile. Oggi è l’insicurezza a farla da padrone, e l’insicurezza nasce dal confronto con gli altri, piuttosto che essere parte di una comunità siamo entità singole, pensiamo solo alle nostre esigenze e crediamo che la nostra consacrazione derivi dal confronto. Siamo diventati una società provinciale e bigotta. Anche nel più piccolo ambiente lavorativo si respira l’aria del giudizio e del confronto tipica di una piccola provincia d’Italia. 

Vogliamo poi parlare del cantautorato italiano, la maggior parte delle canzoni scritte tra gli anni 60 e 90 del secolo scorso parla d’amore, l’amore come lotta, conquista, desiderio, sofferenza, vicinanza all’altro, sacrificio per raggiungere l’obiettivo, non si fuggiva dall’amore, era l’obiettivo.

Avere al proprio fianco persone di valore da cui imparare  e donargli il meglio di noi per crescere in comunione, questo era l’amore.

Non saprei dire se tutta l’insicurezza che aleggia oggi nel mondo derivi dal consumismo, dai social network, dalla fortuna di avere tutto a portata di mano o, semplicemente, da un educazione fatta di vizi e di agi che ci ha fatto sentire tutti speciali. Non saprei dire neanche come possiamo uscirne, però so che se ci soffermassimo a riflettere come persone libere e indipendenti, trovando il coraggio di giudicarci un pochino, questo mondo potrebbe cambiare. Ognuno di noi, cambiando se stesso, potrebbe cambiare l’ambiente che lo circonda.

Non dobbiamo darla vinta alle nostre insicurezze. Come i lavoratori instancabili che hanno un obiettivo, dobbiamo quotidianamente imporci di non confrontarci, di essere più altruisti e coraggiosi. Abbiamo la capacità e l’intelligenza per farlo.

Dobbiamo riscoprire un buon libro farci appassionare dalle storie eroiche delle menti sublimi che ci hanno preceduto ma, soprattutto, distruggere questo egocentrismo che accompagna il nostro secolo. Voi non siete speciali, non lo è nessuno, voi siete voi e non c’è nulla di più bello.

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