Inchiostro e caffè: Virginia Woolf e quella stanza tutta per sè

La parola conferenza evoca spesso una sensazione di noia: sarà colpa dell’atmosfera sonnolenta delle sale convegni o del ricordo di un relatore particolarmente privo di vivacità oratoria? Chissà. Se potessi scegliere di ascoltare una conferenza, mi piacerebbe sentir parlare Virginia Woolf, decisamente un tipo che non si potrebbe mai definire noioso.

E vorrei ascoltare una conferenza, in particolare. Una di quelle che tenne sul finire degli anni ’20, quando le chiesero di parlare di donne nella letteratura.

Una come lei (c’era da aspettarselo) fiutò subito la truffa dietro l’offerta: parlare di donne in letteratura? Parlare di donne scrittrici come un fatto eccezionale, miracoloso? Un’arma a doppio taglio, senza dubbio.

Eppure, per molti secoli, che una donna si dedicasse alla scrittura (o alla cultura in generale) è stato davvero un fatto quantomeno insolito. A che scopo, però, parlare di Jane Austen o di Emily Bronte come se fossero dei casi unici? Come se non ci fossero mai state altre donne egualmente talentuose che la storia ci ha impedito di conoscere?

Virginia Woolf sapeva che, da lei, ci si aspettava una riflessione su come le donne possano apportare alla letteratura un contributo irrinunciabile. Una riflessione sulle donne che scrivono romanzi, su come lo fanno e su quali prerogative particolarmente uniche un romanzo al femminile porta con sé.

Eppure, per quanto affascinanti siano questi temi (e soporiferi in una sala conferenze, allo stesso tempo), Virginia ha sentito un’altra esigenza, con estrema urgenza: dimostrare che, per scrivere, le donne hanno bisogno di denaro e di una stanza tutta per sé.

La riflessione, allora, si sposta fuori da ogni ipocrisia e riporta sulla terra ogni pensiero trascendente: come può pensare alla scrittura una donna povera, oppure una donna che non ha lo spazio fisico (né mentale, di conseguenza) per concentrarsi?

Leggete questo libro per riflettere su quanto labile possa essere la concentrazione; leggetelo anche perché, se mai ci fosse bisogno di capire perché nei nostri libri di letteratura ci sono poche donne, mai ci fu spiegazione più esauriente e più concreta di questa: “Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, senza aver mangiato bene”.

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