La Turchia, l’Iran e il nemico comune curdo

Dopo l’attentato di Istanbul, il presidente Erdoğan è stato sempre più deciso nel punire i colpevoli. I primi a pagarne le conseguenze sono stati i curdi in Siria ed in Iraq. Ma il Sultano non è solo, c’è l’Iran ad est al confine iracheno – iraniano, che accusa i gruppi curdi di fomentare le proteste.

Turchia ed Iran, un tempo rivali storici in Medio Oriente, si sono trovati un nemico comune che ora rischia di trovarsi schiacciato da due offensive militari. Infatti, nel fine settimana Erdoğan ha autorizzato i bombardamenti contro le postazioni curde nel nord dell’Iraq e nel nord della Siria. Al centro del mirino è la città di Kobane, conosciuta per la sua resistenza all’Isis: “Se Dio vuole, presto li eradicheremo con i nostri carri armati, la nostra artiglieria e i nostri soldati”, ha commentato il presidente turco mentre ordinava l’ammasso di truppe lungo il confine in vista di un’operazione di terra.

L’attentato non perdona: la Turchia accusa non solo il PKK – partito dei lavoratori curdi considerato in realtà un’organizzazione terroristica anche dagli USA e dall’UE – ma anche le milizie curde siriane che sono considerate una branca del PKK in Siria. Anche se i curdi negano ogni possibile loro coinvolgimento, il loro destino ormai è segnato all’insegna di mancate prove da parte delle autorità turche. Infatti, c’è chi pensa che nonostante questo, il progetto di invadere la Siria sia nella mente di Erdoğan dal 2019. Questa sarebbe la quarta offensiva anticurda con mezzi pesanti, con l’intento di creare la cosiddetta “zona cuscinetto” di maggioranza arabo sunnita attraverso l’insediamento dei profughi siriani presenti attualmente in Turchia.

La scelta di Erdoğan desta non poche preoccupazioni: non solo ci troviamo di fronte alla guerra in Ucraina ad ovest ma anche a una situazione poco piacevole in estremo oriente, in cui sia gli americani sia i russi hanno i loro alleati. I russi, è ormai noto da illo tempore, hanno come alleati gli iraniani è il regime di Assad, gli americani le Forze Democratiche siriane. È la Turchia, attualmente, occupa la posizione di un partner troppo importante per entrambi, non solo in Ucraina. Dov’è l’inganno? Ankara nel raid contro i curdi ha usato lo spazio aereo controllato dai russi e dagli americani. Un chiaro segnale che per il bene comune sia Washington sia Mosca sono disposti a fare concessioni ad Erdoğan per ovviare le sue preoccupazioni sulla sicurezza.

Nonostante tutto, i russi in particolare hanno chiesto ai turchi di moderarsi negli attacchi evitando un eccessivo uso di forza nel territorio siriano, soprattutto nell’area di emergenza umanitaria dove operano anche gruppi di jihadisti. L’alta tensione però è anche al confine tra Iran ed Iraq: sono stati lanciati nuovi attacchi contro i dissidenti curdi iraniani nel nord dell’Iraq, che l’Iran a sua volta accusa di fomentare le proteste in corso da ormai più di due mesi.

La questione curda ritorna

Negli ultimi 20 anni il Sultano ha sempre affrontato la questione curda sincronicamente alle esigenze politiche senza manifestare una vera e concreata posizione ideologica. È sempre andato seguendo il vento sulla bandiera, a volte una politica di inclusione a volte la strada terrorista. Una svolta, quest’ultima, che richiama la sindrome di Sèvres, ovvero il trattato di pace firmato dopo la Prima Guerra Mondiale che – secondo Erdoğan – smembrò l’Impero Ottomano e per questo possono essere giustificate le azioni di sicurezza nazionale e gli attacchi contro il popolo curdo.

Ci sono, dunque, molti elementi che permettono al presidente turco di insistere sulla questione turca e politicizzarla in vista delle elezioni presidenziali del 2023, ma l’ambizione di sconfiggere il partito di opposizione è tanta. Ricordiamo che il CHP – con le elezioni di Ekrem İmamoğlu – ha conquistato una delle città più importanti per le elezioni turche e che è stata fin dall’inizio della carriera del presidente di sua “proprietà”.

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