Polonia, il limes europeo

La “polonizzazione” dei media, fra accuse dall’Ue la stretta bielorussa

Mentre la crisi dei migranti al confine europeo si scalda, anche i toni fra Polonia e Ue si fanno sempre più accesi.

Ieri, la Commissione europea ha avviato la procedura di infrazione verso il Paese in seguito alla querelle sulla gerarchia delle fonti con la Corte costituzionale polacca. Ha bloccato 46 miliardi di Recovery Fund destinati al Paese dichiarando che “la magistratura polacca non è da considerarsi un organo imparziale”.

I magistrati polacchi hanno prospettato tre risoluzioni al conflitto: una modifica del Trattato Ue, una modifica della Costituzione polacca, o una eventuale “Polexit”.

Forte della sua posizione di limes europeo, la Polonia ha bilanciato una liberalizzazione estrema di alcuni settori (il settore sanitario, in mano alle assicurazioni come da modello americano) con una gestione più “muscolare” di alcuni settori come il lavoro — frutto di vecchie abitudini non scalfite dall’ingresso in Ue.

La Polonia si trova sempre più stretta fra occidente e oriente, fra una Germania sempre più allineata con Mosca che fa la voce grossa su North Stream 2 e che fino ad ora è stato l’unico Paese la cui magistratura aveva tentato di contraddire il diritto comunitario e una Russia che agita sia dal punto di vista mediatico che di ordine pubblico.

Nel fine settimana, è stata proprio Varsavia a lanciare il campanello d’allarme per la drastica riduzione delle forniture di Gazprom proprio durante il periodo natalizio, atte a mettere sotto pressione l’Ue. Nel frattempo, il governo iracheno ha iniziato a organizzare dei voli per i “rimpatri volontari” di migranti bloccati al confine.

Venerdì, il Parlamento ha approvato una legge sui media, con cui si proibisce a società con quote di maggioranza al di fuori dello spazio economico europeo di trasmettere in Polonia.

La scelta costringerà il gruppo americano Discovery a cedere le sue quote di Tvn 24, attirando le critiche dell’amministrazione Biden. Per adesso, la questione è nelle mani del presidente della Repubblica Duda, da sempre voce più cauta rispetto al premier Morawiecki, anche su altri tentativi di “polonizzare” i media.

Nel frattempo, all’ombra del Palazzo della Cultura stalinista a Varsavia, continuano le vaccinazioni e i tamponi rapidi e antigenici (aperti in via del tutto eccezionale la domenica), pur senza chiusure né distanziamento. Per le strade, dalle case si alternano bandiere polacche e arcobaleno.

Contrario alle restrizioni Covid, schierato contro l’Agenda green dell’Ue e le sue sanzioni, la Polonia cerca la sintesi della sua identità nazionale nel conservatorismo cattolico anticomunista. Nonostante il Paese sia circondato da giganti ostili, il fronte interno rischia di essere il fattore determinante per il futuro del governo polacco.

A Varsavia la tensione culturale è palpabile: passeggiando, si alternano bandiere polacche e bandiere arcobaleno. Il governo pare star facendo il lavoro dell’equilibrista, bilanciando i suoi poteri e i suoi dissidi interni fra Duda e Morawiecki.

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