Sanzioni russe: effetti in casa Putin e conseguenze per l’UE

A cura di Barbara Mascitelli e Federico Maria Borgia

L’Occidente ha colpito con forza la Russia con un totale di cinque round di sanzioni da quando è scoppiato il conflitto il 24 febbraio 2022. Purtroppo, le sanzioni non hanno sortito l’effetto sperato, ovvero paralizzare del tutto l’economia russa.  Hanno colpito, comunque, il settore bancario: le banche hanno serie difficoltà ad immettere nuove banconote a causa di problemi con la fornitura e la manutenzione delle apparecchiature come contatori di banconote e bancomat.

L’associazione delle banche russe ha mandato una lettera alla direzione della Banca Centrale di Mosca in cui hanno stilato una lista di fornitori di bancomat stranieri che hanno smesso di fornire i loro servizi in Russia. La maggior parte di esse sono di origine tedesca e giapponese e alcune di loro hanno lasciato addirittura il paese e le apparecchiature. Senza di loro è diventato impossibile proseguire con gli eventuali aggiornamenti dei software, i registratori di cassa, i terminali.

Tra le varie sanzioni, l’UE ha deciso di ridurre la sua dipendenza dalla Russia dal petrolio e dal gas naturale, il che peggiora la situazione energetica per il prossimo inverno. Non solo, le conseguenze già le stiamo vivendo con l’aumento dei prezzi del gas arrivato alle stelle. Bentornati all’era del carbone! Ebbene sì, alcuni paesi sono ricorsi al carbone bruciato per generare elettricità il che è anche controproducente per gli obiettivi green (Green Deal Europeo) che l’UE si era prefissata di raggiungere entro il 2050. Nel frattempo, però, i Paesi dell’unione si stanno aiutando a vicenda per garantire le forniture, in particolare la Germania. Dapprima, si era mostrata più scontrosa difronte alle decisioni – a detta sua – repentine nei confronti della sua alleata in risorse naturali; ma davanti all’evidenza non si possono chiudere gli occhi troppo a lungo.

La Germania si sta attrezzando per maggiori importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti costruendo nuovi terminali e ampliando gli impianti di stoccaggio. Naturalmente, non può essere tutto immediato ma ci saranno dei tempi da rispettare per ovviare a questa situazione improvvisa e completamente ribaltata tutta verso Ovest e verso Paesi che esportano a prezzi più alti. Uno scenario che si ripercuote a pieno nel mondo del lavoro in campo energetico: decine di migliaia di posti di lavoro sono a rischio con il taglio delle forniture, per non parlare dell’economia tedesca che subirà un crollo non del tutto indifferente per quanto poteva essere dipendente dalle importazioni russe.

Le sanzioni viste con gli occhi del DUMA

La Russia, a fronte delle pesanti sanzioni europee, tra cui i congelamenti di beni, yacht e ville agli oligarchi, dichiara di avere delle risposte pronte a tutto questo. Innanzitutto, il Presidente della Camera bassa Volodin ha espresso via social il suo disappunto di fronte a tale mossa di nazioni “non amiche” come la Lituania, Lettonia, Polonia e gli stessi USA. Per questo, ha deciso di rispondere confiscando i loro beni che si trovano in Russia, ovvero le aziende, o quel che resta.

L’obiettivo delle sanzioni è punire un Paese che sta commettendo azioni impure, che ricordano gli errori passati. A quelle generali si sono unite quelle economiche che si concretizzano con l’impedimento al commercio internazionale (dazi o le quote), ossia a limitazioni quantitative, o a limitazioni di tipo finanziario che sono quelle con un effetto più immediato e più difficili da evitare. Le sanzioni commerciali, invece, si possono sempre aggirare.

Quel che pensa Putin è che le sanzioni avranno un effetto boomerang anche per l’Europa stessa. E infatti lo stiamo già ripagando con l’aumento del prezzo del gas, della benzina e delle sue pretese dei pagamenti prossimi in rubli. Ma non bisogna vedere solo questo aspetto, basti pensare al numeroso ritiro da Mosca di ambasciatori e finanziatori esteri che dovranno rinunciare alla commercializzazione. Ad esempio, le esportazioni dell’Italia nei confronti della Russia rappresentano una parte consistente delle esportazioni italiani. Quindi, questo vuol dire che le imprese italiane sentiranno maggiormente il peso di queste sanzioni. In più, c’è da considerare il turismo che in Italia era finanziato in gran parte dagli oligarchi russi con i propri yachts.

Il settore che ne risente maggiormente è quello energetico e la carenza di gas e petrolio russo rende l’affermazione di Putin veritiera e non priva di fondamento. Con il fermo delle esportazioni delle materie prime russe, i Paesi europei si ritrovano senza di esse. Ma, d’altro canto, la Russia non avrà la disponibilità finanziaria e il canale finanziario che proviene dalla vendita del gas e di petrolio, al momento l’unico introito perché tutte le altre risorse sono state congelate.

In particolare, i crescenti embarghi verso il greggio ed il petrolio russi hanno spinto le quotazioni del barile tra i 109$/barile a Londra ed i 108$/barile a New York: la Presidente dell’Unione Europea Von der Leyen ha proposto il 6° pacchetto di sanzioni, che prevedrebbe entro 6 mesi (seppur con deroghe per i Paesi senza sbocco al mare fortemente dipendenti dal greggio russo) l’uscita dalle forniture di greggio ed entro un anno da quelle di prodotti raffinati. Il pacchetto prevedrà che si trovi l’intesa tra i diversi Paesi UE, dove quelli senza sbocco al mare e dipendenti dal greggio russo (Orban ha sempre temuto l’effetto boomerang delle sanzioni sull’approvvigionamento energetico ed ha definito l’embargo energetico la “linea rossa” che non andava superata) riceveranno deroghe valide per 2023 e 2024. Inoltre saranno previsti indennizzi per i Paesi che dovranno riconvertire le proprie raffinerie.

Un problema molto grande

Dire che siamo sotto le sorti di un maleficio oscuro è poco! La crescita economica dell’UE è rallentata allo 0,4% nell’ultimo trimestre del 2021, in netto contrasto con la crescita di +2% nei due trimestri precedenti.

Secondo le originarie previsioni d’inverno 2022 redatte dalla Commissione UE, l’economia UE sarebbe cresciuta del +4,0% annuo nel 2022 e del +2,8% nel 2023, dopo una crescita del +5,1% del 2021. Nel terzo trimestre 2021 il PIL dell’Eurozona era ritornato ai livelli prepandemici, sebbene già si rilevasse un rallentamento della crescita (+0,4%) rispetto al trimestre precedente (+2,2%); si imputava ai contagi, ai prezzi elevati dell’energia ed ai colli di bottiglia negli approvvigionamenti di semiconduttori e materie prime la responsabilità di tali tentennamenti. Ma la guerra non aveva ancora fatto il suo ingresso nelle previsioni economiche, tanto che lo stesso Commissario Gentiloni ha affermato recentemente come le stime andranno riviste e comunicate ex novo il 16 maggio, considerando un “tasso di crescita […] molto più ridotto del previsto”, ed aggiungendo con un tono di speranza come “in un contesto di questo genere il Pnrr e il Next Generation Eu acquistano un’importanza ancora maggiore”.      

Dunque, gli elementi cosiddetti “imputabili” di questa crisi sono stati la pandemia e il conflitto ucraino che sembra non avere fine. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico a marzo ha condotto un’analisi secondo cui la crisi ucraina avrà un impatto del -1,4% nella zona euro nel 2022. L’inflazione aumenta anche a causa delle sanzioni contro la Russia: ha raggiunto il massimo storico del 7,5% a marzo e nei tre paesi baltici e nei Paesi Bassi ha superato il 10%.

Anche la Banca Centrale Europea ha confermato un rialzo del dato dell’inflazione che pesa gravemente sulla crescita economica, ridotta al 3,7% nel 2022, prevista al 2,8% nel 2023 e all’1,6% nel 2024. Dunque, le prospettive di ripresa economica dipenderanno esclusivamente dalla fine del conflitto, dalla possibilità di un maggiore approvvigionamento energetico e dalla fiducia dei consumatori.

Stime preoccupanti ed allo stesso tempo interessanti vengono dalla Germania, il principale Paese manifatturiero d’Europa: la produzione industriale di Berlino è crollata a marzo del -3,9% rispetto al mese precedente, ben 4 volte in più di quanto previsto dagli analisti. È la flessione più grande dallo scoppio della pandemia: pesano l’inflazione, la guerra, il calo degli approvvigionamenti dalla Cina, il calo dell’export verso la Russia. Secondo il Ministero delle Finanze l’automotive traina il crollo della produzione. Analisi di Kommerzbank e dell’AD di Bosch vedono una grande recessione come un rischio concreto di crisi della domanda.

Le aspettative da parte della BCE

Cosa ci si aspetta dalla BCE in questi casi? La risposta è una sola: domare i rialzi dei prezzi riducendo le misure di stimolo. Ma, si sa, la BCE ha come obiettivo quello di mantenere vivace l’economia dell’area dell’euro anche se deve far fronte alle varie divergenze tra i paesi membri. Divergenze che, in un momento come questo, dovrebbero essere in misura nettamente inferiore e lasciar spazio a collaborazione e risultati positivi.

Il ruolo e le paure della Cina

Come si sta comportando in questo contesto il Paese del Dragone? Xi Jinping ha sempre sostenuto l’alleato Putin, ma senza voler turbare eccessivamente i rapporti commerciali con l’Occidente: recentemente l’autorità di regolamentazione del mercato finanziario nazionale ha voluto incontrare le principali banche mondiali per cercare di sottrarre gli asset cinesi a possibili sanzioni, come da ricostruzione del Financial Times.

L’economia cinese vive un contesto molto particolare perché vanta statistiche ben diverse dai paesi occidentali: una crescita attesa annua del PIL del +4,9% nel 2022 (+8,1% nel 2021), con un’inflazione al 2,20% (0,9% al 2021). Il suo deficit di bilancio è del -4,7%, addirittura inferiore al valore del 2019; il rapporto debito pubblico/PIL è al 77,8% al 2022 (+73,3% al 2021). Il tasso ufficiale d’interesse è al 4,3%, già da tempo in ribasso. Ad aprile l’export su base annua è in crescita del +13,0% (+14,0% nel 2021).

Nel Paese del Dragone il ritorno ai lockdown forzati sta rallentando sia la capacità produttiva, sia le operazioni di imbarco e sbarco container dal porto di Shangai, città duramente colpita e primario snodo commerciale per i traffici con il resto del mondo. Il Sole 24 Ore stima, quindi, un rallentamento delle previsioni di crescita del PIL cinese per il 2022. Tuttavia, a livello di politiche monetarie, la bassa inflazione ottenuta grazie alle restrizioni ed alle stabilizzazioni dei prezzi delle materie prime ha consentito alla Cina di abbassare con maggior tranquillità i tassi d’interesse, favorendo l’accesso al credito ad imprese e famiglie.

La Cina, inoltre, si giova attualmente di un incremento di approvvigionamenti di gas naturale dalla russa Gazprom, che ha deviato le forniture prima indirizzate verso Turchia ed UE verso il suo alleato: le esportazioni verso Pechino tramite il dotto Power of Siberia sono aumentate del 60% nell’ultimo anno, a discapito dell’Occidente, che ha perso il 27%, sebbene Gazprom prometta di mantenere gli impegni contrattuali verso l’Europa.

Conclusioni

Dunque, la situazione non è per nulla rosea ed è inutile nasconderla. Sarà difficile far conciliare le idee di tutti i paesi membri in un unico obiettivo ma è proprio questo il banco di prova a cui ci ha sottoposti la Russia.

Dall’inizio del conflitto, Mosca non ha fatto altro che colpire a parole tutti i punti deboli dell’UE mettendo anche a dura prova le elezioni francesi del Presidente Macron, da poco riconfermato. Le controversie degli Stati europei si stanno assottigliando, per certi versi: a conferma di ciò, la solidarietà mostrata da ognuno di essi nei confronti dell’Ucraina aiutandola per come possono, con il rifornimento di armi e aiuti umanitari.

Sono state fondamentali e segno di una grande prova di coraggio le visite di alcuni presidenti in terra attaccata. Questa è la dimostrazione più grande che anche di fronte a tali atrocità, chi promette la propria vicinanza la mantiene e vale più di mille parole.

Qualche dato dai mercati finanziari: da inizio anno il FTSE Mib è in calo dell’11,0%, in linea col Dax di Francoforte. La guerra e l’inflazione pesano sulle quotazioni in borsa: mentre salgono le società immobiliari (+15%) e quelle energetiche (+12%), sono in crisi i beni di consumo ed il sanitario. Un’eventuale recessione, secondo Il Sole 24 Ore, potrebbe portare i consumatori a limare anche le spese correnti.

Sul lato approvvigionamento energetico e decarbonizzazione, il Ministro Cingolani ha dichiarato al Giornale d’Italia come “siamo l’unico Paese che si sta rendendo veramente autonomo” dalla Russia.

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