Tra riassetti e tensioni globali Nissan abbandona la Russia

E’ dello scorso 11 ottobre la decisione a mezzo comunicato stampa del Comitato Esecutivo di Nissan Motor Co. di abbandonare il mercato russo, inquadrato nell’area commerciale “Europa”.

In base all’ accordo col Ministero dell’Industria e del Commercio della Federazione Russa (erede diretto del Gosplan sovietico, il pervasivo ministero della pianificazione economica), Nissan cederà al prezzo simbolico di 1€ il 100% delle quote e dei cespiti della controllata locale, Nissan Manufacturing Russia LLC, alla NAMI, l’Istituto Centrale di Ricerca Scientifica dell’Automobile e dei Motori Automobilistici, un ente pubblico costituito a Mosca nel 1918, principale produttore e centro di ricerca per l’industria automobilistica sovietica prima e russa oggi.

Ulteriori dettagli saranno resi noti il prossimo novembre, ma già a fine giornata il titolo aveva chiuso al -2,08%.

Nissan rinuncia ad un impianto produttivo a San Pietroburgo e ad un centro vendite e marketing a Mosca, le cui attività erano state fermate dal Giappone a marzo a causa della penuria di forniture per le catene di montaggio. Ogni attività futura sarà svolta fuori dal marchio Nissan. I dipendenti saranno tenuti in procedura di solidarietà per 12 mesi, mentre Nissan si impegna a fornire supporto nella fase di transizione. L’accordo prevede, infine, un’opzione di ri-acquisto dell’azienda tra 6 anni.

Nel comunicato, Nissan ammette che l’impatto costerà al gruppo nipponico l’equivalente di 687 mld$, ma lo sottintende come compensato dal maggior focus sul piano d’innovazione “Next” e sui propri ambiziosi obiettivi di sostenibilità al 2030.

Nissan si muove di concerto con i suoi partner di joint-venture: se la Mitsubishi Motors Corp. (1 impianto a Kaluga, fermo da aprile) nega di stare valutando l’uscita dal mercato russo, Renault SA aveva ceduto a maggio sempre per 1€, sempre alla NAMI, e sempre con opzione di riacquisto a 6 anni la partecipazione del 68% dal valore di 2,2 mld€ (10% dei suoi ricavi annui) nel produttore locale JSC АvtoVAZ. L’ex partner – la Rostec, una Finmeccanica russa – l’ha peraltro citata in giudizio, aumentando i costi di altri 331 mln€.

La scelta di Nissan va letta non tanto alla luce dell’impossibilità di continuare a produrre in Russia – scusante perfetta – quanto in virtù dei rapporti con le sue partner: la giapponese sta ancora recuperando la fiducia con Renault (suo socio per il 43%, ed a sua volta partecipata dallo Stato francese) e Mitsubishi a seguito degli scandali degli ultimi anni, ed oltre ai già citati piani industriali che puntano a sostenibilità ed innovazione, vuole co-investire in una spin-off della casa francese per la produzione di veicoli elettrici.

La stessa Renault ha confermato di voler riorientare completamente la produzione verso i veicoli elettrici, trovando un probabile acquirente del business dei motori termici tradizionali nella cinese Zhejiang Geely Holding Group Co., Ltd, con cui condivide un impianto in Corea del Sud.

Tornando a Nissan, fa un certo effetto immaginare un’azienda abituata agli standard di innovazione ed efficienza giapponese venire trasferita ad apparati statali eredi del mondo socialista. A leggerla, una nazionalizzazione che pare scritta su un sussidiario. A rifletterci, un altro pezzo di capitalismo che abbandona la Russia.

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