Il modello Superlega, il parere di “The Voice”

Sono passate ormai quasi due settimane dall’annuncio dei dodici club e la successiva decaduta del progetto, ma il concetto continua a rimanere attuale, soprattutto per quanto riguarda la concezione del sistema e le varie sfaccettature economiche.

Domenica scorsa, proprio per analizzare queste condizioni, è stato chiamato a discutere nel famoso “Club“ di Fabio Caressa, Flavio Tranquillo, noto commentatore NBA, per questo il soprannome “The voice”, portatore degli sport americani in Italia, nonché studente di economia applicata allo sport.

I grafici

All’inizio della puntata sono stati esposti tre grafici riguardanti rispettivamente: i ricavi dei top team europei (in continua ascesa dagli inizia del 2000 fino allo scorso anno, in cui il Covid-19 ha portato grandi perdite), il costo del lavoro nel calcio (in continua ascesa negli ultimi venti anni, andando a decuplicarsi proprio in questo lasso di tempo), i debiti buoni e cattivi dei vari club (con il Tottenham che possiede un indebitamento totale di circa 685 milioni, sommando anche la cifra per la costruzione dello stadio, e un indebitamento totale per le dodici partecipanti di circa 2,5 miliardi).

Lo stesso Flavio Tranquillo, analizzando questi grafici, ha sostenuto come sul lungo periodo, nonostante i finanziamenti che sarebbero stati emessi dal colosso JP Morgan, questo sistema non sarebbe stato sostenibile poiché ci si sarebbe trovati in una situazione identica, se non peggiore, con le piccole ancor più danneggiate da tutto questo.

Il modello americano

Durante tutto questo periodo sono state parecchi i personaggi che hanno accostato il modello americano o quello “Eurolega a questa situazione ma, come detto dal commentatore milanese, bisogna stare attenti ad accostare il sistema americano a quello che si è cercato di fare. Non è impossibile applicare un sistema simile, ma vanno considerate anche alcune cose, ad esempio la fiscalità. In America ci sono 50 stati con altrettante fiscalità, per questo LeBron James quando è passato da Cleveland a Los Angeles ha speso circa 21 milioni di quella che sarebbe la nostra IRPEF.

Non è un programma impossibile da applicare ma va analizzato come intero sistema, non come singolo caso o singolo problema, altrimenti non si finisce più di trattare anche i più piccoli cavilli.

I tre punti cardine

Quello che si pone davanti alle istituzioni del calcio moderno è quindi una sorta di rivoluzione dello sport, dell’intero sistema. C’è bisogno però di tre punti cardine: parametri di partecipazione, contratto collettivo ed equilibrio competitivo.

Soprattutto per quanto riguarda il terzo elemento è stato citato più volte dagli ospiti della puntata come il “salary cap”, tetto salariale, sia una possibile opzione da poter applicare al calcio moderno. Non essendo un provvedimento di compressione, come fu il Financial Fair Play più volte poi aggirato dalle proprietà multimiliardarie, come quelle di Manchester City e Paris Saint Germain.  Il tetto salariale garantirebbe appunto l’equilibrio competitivo, che è il punto forte delle leghe americane di successo, come NBA e NFL.

In secondo luogo, si è parlato di un contratto unico per tutti i calciatori, un provvedimento che richiederebbe un grande lavoro da parte del sindacato dei calciatori, che continua a lamentarsi del fatto che ormai si giochino più di 70 partite all’anno. Per fare un movimento del genere ci sarebbe bisogno del riconoscimento degli stessi calciatori professionisti come tali, presentandosi davanti all’istituzione e mettendo in chiaro che quello sia l’unico tipo di contratto che firmerà. In questo modo ci sarebbero movimenti più semplici e più controllo, perché avrebbero tutti lo stesso contratto, sarebbe vantaggioso per ogni stato.

L’ipotetico formato

Andando avanti nella trasmissione si è approfondito il formato che dovrebbe avere una competizione del genere. Si è sottolineato il fatto che creare una lega omogenea, con squadre dello stesso calibro, sul lungo periodo è molto più sostenibile, citando testualmente Tranquillo, sarebbe una scelta culturalmente tremenda ma economicamente sensata. Si toglierebbe al calcio il valore secondo cui una piccola squadra possa mettere in difficoltà un colosso, come la scorsa stagione l’esempio dell’Atalanta, ed è per questo che praticamente in tutta Europa i tifosi si sono opposti.

Nessuno mette in dubbio che il calcio abbia bisogno di una rivoluzione sensata, per far rifiorire uno sport ormai compromesso a livello economico ed etico. Ci sono ormai squadre che affrontano indebitamenti di centinaia di milioni ogni anno pur di poter arrivare a competere per quello che conta, cercando di rispettare i vari paletti imposti dalla UEFA e squadre che cercano il minimo cavillo per aggirarli.

Sicuramente si ha il sentore che le squadre coinvolte nella Superlega abbiano voluto dare una scossa alle istituzioni, ma nulla è ormai certo e ci si potrebbe ritrovare nella stessa situazione, già questa estate. L’unica cosa certa ormai è che la UEFA e la FIFA debbano uscire in qualche modo da questo clima, per l’interesse comune del sistema, che comprende tifosi, calciatori e dirigenti, aspettando che, anche nel calcio, arrivino tempi migliori.

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Alfredo Parenti
Sono Alfredo Parenti, aspirante giornalista sportivo, classe 1996 e frequento il corso di Comunicazione Tecnologie e culture digitali presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Ho deciso di seguire la mia vera passione, ho deciso che se avessi fatto qualcosa nella vita sarebbe stato parlare degli uomini di sport, delle loro gesta. In particolare dei giocatori di basket, uomini nobili e dalle storie molto interessanti. Per questo parlerò per la maggior parte di NBA, con aggiornamenti sugli avvenimenti della lega. Ripercorrerò inoltre i grandi avvenimenti e le curiosità sulla meravigliosa storia del gioco, e dei personaggi che l’hanno resa tale. Buona lettura!

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